Violenza sulle donne - intervista Lia Caprera - Infoestetica Magazine

Violenza sulle donne: intervista a Lia Caprera, direttrice del centro antiviolenza

Violenza sulle donne: intervista a Lia Caprera, direttrice del centro antiviolenza

Violenza sulle donne: intervista a Lia Caprera

IN BREVE:

  • Il ruolo dei centri antiviolenza nella società
  • Le sfide quotidiane nella lotta alla violenza di genere
  • Le iniziative del centro diretto da Lia Caprera
  • Come sensibilizzare la comunità sul tema

 

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La Violenza sulle Donne è una delle problematiche su cui, solo da alcuni anni, si è riusciti a discutere maggiormente. Sono stati fatti dei passi importanti che hanno portato l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ad istituire con la Risoluzione 54/134 del 17/12/1999 la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

 Infatti, in tutto il mondo si stima che il 35% delle Donne abbia subito una violenza sessuale e non, almeno una volta nella vita. Nell’Unione Europea si stima che la violenza contro le Donne e la violenza domestica colpiscano 1 donna su 3; in Italia, secondo i dati ISTAT, oltre un terzo delle Donne ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale e una donna ogni tre giorni viene uccisa nella maggioranza dei casi dal partner o da un ex.  

La Donna è vittima e, nel contempo, è anche silente. Silente e complice si presenta la società che non aiuta a sufficienza  e concretamente a rompere il silenzio.  Sature di un’illusione che associano all’Amore, le Donne celano la triste realtà che vivono con il desiderio che, un giorno, quella angosciosa situazione che le affligge,  possa mutare e divenire condivisione di affetto.

Una profonda profusione di carezze, baci, dolcezze e attenzioni che, purtroppo, per le Donne vittime di sofferenze e atrocità, non potrà mai giungere in quanto il loro uomo, il loro carnefice è violento a causa di una società che privilegia gli uomini,  non si attiva ad interrompere la violenza e non mette in discussione il sistema di credenze e comportamenti che lo avallano. Ma tutto questo non può essere una giustificazione, non può essere motivo di afflizione nei confronti di una persona che vorrebbe condividere la sua vita con un’altra in totale armonia e Amore.

Per tale motivo, abbiamo deciso di fare luce su tali vicende approfondendo tale problematica con Lia Caprera, responsabile del CAV Io Donna, che ha gentilmente risposto alle nostre domande. Risposte esaustive, dettagliate e ricche di riflessioni che dovrebbero indurre la nostra società, nessuno escluso, a essere maggiormente sensibile ed altruista.

Il ruolo dei centri antiviolenza nella società

Pensare che la violenza si consumi solo nell’intimità o nelle mura di un edificio, per lo più la casa, è fuorviante, occorre, invece, adoperarsi al cambiamento, perché con il dialogo, le informazioni e tendendo la mano al prossimo, si potrà instaurare un regime di benevolenza. Un modo questo che può essere d’aiuto a tutte quelle Donne che rimangono in silenzio o che, ancora oggi non riescono a riconoscere l’uomo sbagliato che non sa provare Amore, e agli uomini di cambiare il proprio modo violento di relazionarsi con le Donne.

L’intervista a Lia Caprera

La Violenza sulle Donne è, certamente, una problematica che, fortunatamente nel corso degli anni, ha avuto anche un notevole risalto mediatico. Quando decide di avvicinarsi e aiutare le Donne che sono vittime di violenza e abusi?

Prima di rispondere, mi preme fare una premessa. Il CAV è una struttura gestita da Donne, nel nostro caso da un’associazione che fornisce alle Donne il supporto e l’accompagnamento necessari per uscire dalla violenza. Abbiamo una sede e un numero di telefono e, quindi, le Donne ci contattano attraverso varie modalità. Nella maggioranza dei casi esse stesse si rivolgono direttamente al centro antiviolenza. A volte le donne seguono l’indicazione ricevuta dalle forze dell’ordine, dalle avvocate, dagli psicologi, da altri servizi oppure su suggerimento di qualche parente e amiche.

La violenza avviene soprattutto nelle relazioni di intimità ed in ambito domestico. In questi contesti i testimoni possono essere i figli, oppure qualche parente o amica con cui la donna si confida.  Tale tipologia di violenza non è visibile da persone esterne.

Quando ci si rivolge al CAV? Quando si subisce violenza fisica, psicologica, economica, atti persecutori, violenza sessuale o molestie, anche  sui luoghi di lavoro e quando i figli sono vittime di violenza assistita. Ovviamente, il CAV prende in carico solo le Donne adulte, mentre la presa in carico delle persone minorenni avviene tramite i servizi sociali territoriali che operano di concerto con il Tribunale dei Minori e altri servizi dedicati.

 I servizi offerti dai CAV sono gratuiti; si rispetta la riservatezza, la privacy della Donna e si concorda il percorso di fuoriuscita dalla violenza.  Le attività che si realizzano per raggiungere gli obiettivi prefissati sono: l’ascolto telefonico, i colloqui individuali, il sostegno psicologico, la valutazione del rischio, la consulenza legale, l’accoglienza d’emergenza, l’ospitalità in casa rifugio, i gruppi di condivisione, l’orientamento verso altri servizi, l’informazione e la sensibilizzazione nelle scuole e nei luoghi di lavoro.

Inoltre, il CAV realizza attività di informazione e sensibilizzazione nel territorio per sollecitare la presa di coscienza da parte della cittadinanza perché la violenza maschile sulle Donne e di genere sono questioni sociali alle quali le istituzioni devono fornire risposte concrete, integrate ed adeguatamente finanziate.

Il CAV  diffonde i propri contatti, la conoscenza dei servizi offerti e i casi in cui è  opportuno chiedere aiuto.  Il CAV è una struttura dove operano solo operatrici che instaurano una relazione di aiuto con altre Donne con una modalità di rispecchiamento e adottano la metodologia dell’approccio di genere.  Ciò significa che la situazione di violenza della singola donna è considerata sia sul piano individuale, sia in relazione al contesto sociale.

 Questa metodologia è stata elaborata dal pensiero e dalle pratiche del femminismo, è stata ripresa dalla Convenzione di Istanbul, in vigore in Italia dal 2014 ed è prevista dall’intesa tra Stato-Regioni, che stabilisce i requisiti di funzionamento dei CAV.

Il CAV ‘Io Donna’ opera da decenni nel territorio della provincia di Brindisi, è autorizzato al funzionamento dalla Regione Puglia e collabora con i servizi del territorio tramite due convenzioni: una con l’Ambito territoriale Sociale BR1 dei Comuni di Brindisi e  Vito dei Normanni e un’altra con l’Ambito Territoriale Sociale BR4 che vede il Comune di Mesagne capofila e altri otto Comuni

 

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Secondo lei, cosa rende una Donna così fragile e inerme?

Prima di tutto, non dobbiamo dare per scontato che una Donna che sta vivendo in un contesto di violenza, sia fragile o inerme. Questo è uno stereotipo che ignora le dinamiche della violenza maschile nelle relazioni di intimità e familiari. Il primo passo della Donna è salvare la relazione, che è affettiva, sessuale, esistenziale. Investe il progetto di vita comune, la genitorialità, la gestione economica e patrimoniale.

In questa situazione la Donna impatta con una violenza inattesa, incompatibile con un progetto di vita e di futuro da realizzare insieme. Per questo, nella maggioranza dei casi, la donna appare fragile e vulnerabile  perché non ha pensato di dover adottare delle misure di precauzione. Perciò preferiamo parlare di una Donna che sopravvive al contesto di violenza o che cerca di adattarvisi per contenerla, controllarla e ridurre il danno. Inoltre, crediamo che ci si debba concentrare sulle strategie, sulle azioni del maltrattante, del violento e sulle complicità di cui si avvantaggia per esercitare il suo potere distruttivo e mortale nei casi di femminicidio. Evidenziamo che la responsabilità della violenza non è solo del singolo uomo, ma dell’intero assetto sociale, del sistema patriarcale che riproduce discriminazione, disuguaglianze, sfruttamento. Pensiamo al divario salariale tra uomo e donna, alla ghettizzazione delle donne nelle professioni di cura, all’inadempienza maschile nel lavoro domestico e di cura

 

Perché, spesso, una Donna preferisce tacere e, quindi, subire in silenzio nascondendo i segni e le cicatrici di quello che l’uomo le fa?

Non sempre la donna  preferisce tacere. Spesso, ci sono persone che sanno cosa accade. Ci sono segnali che  indicano uno stato di disagio. La Donna può sentirsi colpevole per avere scelto un partner sbagliato, oppure  è indotta a credere di  meritare la violenza per una  qualche caratteristica personale o sociale, magari si tratta di una violenza accettata dal contesto, per esempio per  il colore della pelle, per l’orientamento sessuale o per la fede religiosa. In queste circostanze il contesto sociale trasmette alla Donna che è meglio restare in silenzio. D’altro canto, vi sono donne che chiedono aiuto, nel 2023 in Puglia si sono rivolte ai 28 entri antiviolenza operativi nella nostra regione 3.000 donne. Accade anche che non sempre le donne ricevono l’aiuto che sarebbe necessario per poter affrontare una situazione complessa. Ci sono  vari fattori che scoraggiano e non permettono di parlare o chiedere aiuto,  la donna avverte nel contesto sociale indifferenza, timore di esporsi nei confronti del maltrattante, accettazione  del detto  ‘tra moglie e marito non mettere il dito’.

Questa mentalità è ancora diffusa e non aiuta la Donna a rompere il silenzio. Così come è diffuso il  comportamento di giudicare e colpevolizzare la Donna, invece di  avvicinarla, ascoltarla e rispettare i suoi tempi di maturazione. Quindi, l’approccio migliore è quello dell’ascolto, di fornire informazioni, stare vicino. Il silenzio della Donna corrisponde al silenzio e all’indifferenza della società nelle sue varie articolazioni, alla minimizzazione e all’accettazione della violenza. Abbiamo esempi di ciò  nelle sentenze penali, nei provvedimenti civili che penalizzano la Donna nell’affidamento dei figli, nella valutazione delle capacità genitoriali. Infatti, si parla di vittimizzazione secondaria proprio per dire che, oltre ad aver subito violenza diretta, subisce una ulteriore violenza di carattere istituzionale

 

In che modo si diventa carnefice e vittima?

Le parole ‘carnefice e vittima sintetizzano male un processo e un contesto di potere che chiamiamo patriarcato. Faccio riferimento alle dichiarazioni di Elena Cecchettin all’indomani del ritrovamento del corpo di sua sorella Giulia, quando  affermò che il responsabile del femminicidio era un figlio sano del patriarcato. Ciò significa nominare i  rapporti di squilibrio di potere tra uomini e Donne che non sono nati ieri, ma si riproducono da millenni e la cui eredità pesa ancora nel tempo presente. La Convenzione di Istanbul qualifica la violenza maschile sulle Donne come una manifestazione dello storico squilibrio di potere tra uomini e Donne. Quindi, l’uomo nell’essere un soggetto abusante, violento, stupratore o un ossessivo che perseguita attraverso il controllo una Donna, in fondo persegue solo ciò che questo sistema gli permette di fare perché costruisce la propria identità di genere su un concetto di supremazia e di potere nei confronti della Donna e dei bambini. Occorre interrogare gli uomini su come costruiscono la propria maschilità oggi,  in una società dove le Donne sono istruite, svolgono professioni e attività che le rendono autonome, detengono diritti e compiono le proprie scelte in libertà. E’ chiaro che la libertà femminile non si deve pagare al prezzo della violenza o del femminicidio. Nessuna donna deve trovarsi più in questo terribile ricatto che implica gravi violazioni dei diritti umani femminili

 

A suo avviso, è davvero possibile che un uomo dica di amare la donna sulla quale sfoga tutta la sua aggressività?

L’uomo non dice di amarla. L’uomo dice che la Donna deve fare ciò  che vuole lui, che è un suo possedimento e quindi decide lui. Credo che in tutto questo l’amore non c’entri affatto

 

Vi sono dei segnali rivelatori che possono mettere una Donna in guardia da un ipotetico partner violento? 

Sicuramente vi sono  segnali che possono indicare quando  abbiamo a che fare con  una persona, un partner o un uomo violento. Il controllo: le Donne che subiscono violenza ci raccontano di uomini che vogliono decidere e sapere tutto della loro vita e, di conseguenza, controllarle in ogni momento. Vogliono sapere come sono vestite, con chi parlano, chi incontrano, non vogliono che lavorino, non vogliono che abbiano una loro autonomia economica, non vogliono che frequentino la propria famiglia o abbiano dei propri spazi, delle  amiche, non vogliono che si trucchino, non vogliono che studino. È un controllo totale che è declinato sulle piccole cose. Magari, all’inizio  della relazione quelle piccole cose vengono scambiate per attenzioni, richieste di esclusività ‘tu sei tutto per me’. Poi si palesano per ciò che sono: controllo, gelosia, divieti. Il tutto è estremamente pericoloso perché questa persona, gradualmente, ci toglierà spazio di azione, respiro, libertà mentale, relazioni sociali, amicali. In breve tempo ci si ritrova sole e con il vuoto intorno

 

È sempre necessario o doveroso avvalersi dell’aiuto di un legale? Quali sono le modalità che permettono di contrastare questa problematica?

La consulenza e l’assistenza legale sono utili per impostare bene una denuncia o querela e per seguire  gli atti che ne conseguono. Il CAV offre la consulenza legale gratuitamente per far conoscere alla donna i propri diritti. Inoltre, per i reati del Codice Rosso, si accede al gratuito patrocinio indipendentemente dalla situazione reddituale. Non sempre la Donna ha interesse a denunciare e anche  su questa opzione è opportuno ricevere  una consulenza legale 

 

Oggi come oggi, sono ancora molte le voci inespresse? C’è ancora timore di parlare?

C’è ancora molto silenzio che non è esclusivamente delle Donne, man mano che la consapevolezza e la lotta contro la violenza avanzano e si estendono, questo timore diminuisce e il vissuto di violenza viene maggiormente riconosciuto. Le Donne temono di non essere credute, di essere sminuite o sospettate come accade in tanti casi. C’è ancora molto  sommerso, ma  le istituzioni intervengono con tempi lunghi e modalità  inefficaci  che  vanificano gli sforzi e la fiducia delle Donne

 

Si ha più timore di amare o di essere giudicati? Attualmente, che valenza ha l’amore e cos’è l’amore?

Il discorso sull’amore è molto complesso. Avvertiamo tutti e tutte il desiderio di essere amati, ma  occorre cambiare visione sull’amore e maturare una consapevolezza sulle condizioni per le quali  tale sentimento diventa accettabile. Ad ogni modo, vorrei dire che se il sentimento amoroso si riduce a controllo, ossessione, umiliazione, svalorizzazione  e distruzione dell’altro, non ne vale la pena. Tutto questo deve essere rimesso in discussione. Probabilmente il cambiamento lo faranno avanzare le nuove generazioni, se nel sistema educativo saranno introdotti in maniera obbligatoria l’educazione sessuale ed affettiva e se ci si educherà a modelli di relazione tra i generi improntati sulla parità, sul rispetto reciproco e sul pari valore delle differenze tra i generi. Ho fiducia nel fatto che la componente della società  più sensibile e aperta  al cambiamento saprà produrre nuovi visioni ed  immaginari sull’amore, anche attraverso la cultura con canzoni, film, romanzi, fumetti  dando nuova vitalità, libertà ed ispirazione all’amore’

 

‘Le Donne hanno ragione a ribellarsi contro le leggi, perché noi le abbiamo fatte senza di loro’

Michel Eyquem De Montaigne

 

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