Valeria Bruni Tedeschi. “L’età mi rende libera”
Viso pulito, sorriso delicato e la voce che tutti conosciamo e amiamo. Valeria Bruni Tedeschi, cuore italiano, passaporto francese, ha presentato a Roma l’ultimo film che la vede co-protagonista, Les Amours d’Anaïs.
Al cinema dal 28 Aprile, interpreta Emilie, scrittrice affermata che affascina la giovane Anaïs, trentenne in eterno procinto di laurearsi, che entra ed esce da relazioni e situazioni che lascia sempre sulla soglia dell’irrisolto.
Il grande schermo ci ha abituati ad una Valeria a cui piace far sorridere, che entra nelle grazie dello spettatore e della spettatrice perché si mostra con tutti i difetti e le insicurezze che una donna possa provare. È un ruolo quasi esclusivo quello della professionista affermata e sicura di sé, «quando scelgo di interpretare un film, deve piacermi il regista. Charline Bourgeois-Tacquet ha uno stile che ricorda Rohmer e mi ha voluta in un ruolo nuovo per me».
In conferenza stampa ha parlato dell’Italia e di sé con grande gentilezza e molto senso dell’umorismo.
«In Italia mi sento molto ben voluta e sono contenta dell’accoglienza che mi è riservata ogni volta che torno. Io sono Italiana anche se ho il passaporto francese».
A lei abbiamo chiesto cosa sia la bellezza, ed il sentimento che porti il suo personaggio a dire spesso “sei bella”. «La bellezza è un complimento personale al mondo, come il bambino che indica qualcosa e dice “bello”. Quando lo dico come attrice, è un modo totalmente intimo che ha a che vedere con lo sguardo, con l’energia che do e che prendo dal mondo. Qualcosa di spirituale in cui il fisico si impasta con qualcosa di intangibile e gradevole».
Per me la Chirurgia Estetica sarebbe come mentire
Un altro tema che emerge dal film è quello dell’età. Il contrasto tra una leggerezza quasi superficiale propria della giovane protagonista, a confronto con la “serietà” critica attribuita al personaggio di Valeria Bruni Tedeschi. Soprattutto quando quest’ultima ammette di aver voluto rinunciare alla leggerezza per trovarsi in una dimensione stabile e concreta per poi vacillare nell’incontro con Anaïs. «La leggerezza non è esclusivamente dei giovani, anzi, e questo film mi ha dato una direzione interessante, mi ha fatto intravedere l’età che va avanti in modo allegro, con maggiore libertà piuttosto che pesantezza. Cerco di viverla così perché ciò che ha a che fare con la chirurgia estetica per me va contro la libertà, è una menzogna. Magari tra dieci anni cambierò idea (ride). La fortuna che ho è che, se non mi guardo allo specchio mi sembra di avere vent’anni, ecco forse il vero cambiamento per me nell’aver superato i cinquant’anni è che mi guardo meno allo specchio».
In concorso a Cannes con il suo film da regista, evoca gli anni alla scuola di teatro con Patrick Chereau con cui ha lavorato molto sulla vergogna, sul sentirsi inadeguata. «Ci chiedeva di lavorare sul ridicolo per poi depositare sul palcoscenico ogni nostra vergogna».
Del film in sala le resta il rammarico di non aver potuto doppiare se stessa nella versione italiana. Problemi con i tempi dettati dalla produzione, che oggi «mi lasciano il dolore di non aver potuto completare il mio lavoro. Sin da bambina mi è stato insegnato a portare a termine ogni impegno. Con questo film non mi è stato permesso»