Sofia Iacuitto: “Gli anni 90 che non ho vissuto ed il Sogno di Lavorare con Garrone” - Infoestetica Magazine

Sofia Iacuitto: “Gli anni 90 che non ho vissuto ed il Sogno di Lavorare con Garrone”

Sofia Iacuitto: “Gli anni 90 che non ho vissuto ed il Sogno di Lavorare con Garrone”

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- Il cinema nel DNA

- Lo sguardo al Festival del Cinema di Venezia

- “Avrei Voluto vivere negli anni ‘90

- La bellezza e la chirurgia estetica

- Il film della Cortellesi uno spartiacque sociale.

- Il sogno di lavorare con Garrone

 

E’ un tuffo nel passato, con lo sguardo consapevole verso il futuro, il nostro incontro con l’attrice Sofia Iacuitto, che del cinema è stata innamorata sin dall’età di 6 anni: “L’ho sempre avuto nel DNA. Vengo da una famiglia di cinematografari e andare al cinema ha sempre rappresentato un rito nella mia famiglia”. Sorride Sofia con l’innocenza nel cuore, ma coerente e, a volte estremamente metodica (come ama definirsi), durante la nostra chiacchierata. “Il mio primo lavoro è stata una serie su Canale 5 - “Oltre il confine” - dove mi fu assegnato il ruolo di una schizofrenica. Fu Monica Vullo a scoprirmi e Serena Corvaglia a lanciarmi”, ci racconta e da quel momento è iniziata la sua carriera. “Paradossalmente ho lavorato con tutte donne in un mondo dove gli uomini, in genere, padroneggiano”, precisa Sofia Iacuitto. Per lei l’attesa è vista come una virtù, dalla quale un'attrice non può prescindere e cita Mastroianni. “Per fare l’attore devi saper aspettare” e Sofia dimostra non soltanto nel cinema, ma soprattutto nella vita di possedere la virtù dell’attesa.

Quella di Sofia, nonostante la giovane età, è una visione lungimirante ma anche nostalgica degli anni ‘90 che avrebbe voluto vivere. “Avevate più possibilità di noi, maggiori prospettive e meno ansie” dichiara decisa. “Noi viviamo in un mondo iper connesso, dove l’attimo sembra sfuggire sempre. La realtà è sempre un domani”. A proposito della bellezza, ha dichiarato: “La bellezza è uno stereotipo da superare nel nostro Paese. La chirurgia estetica è figlia del progresso, necessaria per la propria autostima, ma nella giusta misura. Un valore etico dal quale troppo spesso i medici fuggono”. Circa il suo futuro Sofia è cauta. “Non sono abituata a pensare ad un futuro a lungo termine, ma sono convinta di essere pronta per un ruolo importante. Vorrei che me lo assegnasse Garrone”, ci ha confessato.

 

Come nasce la tua passione per il cinema?

La passione per il cinema è iniziata molto presto, i miei genitori erano due cinematografari. In realtà, inizialmente, volevo fare la conduttrice poi ho capito che l’attrice poteva darmi uno specchio di interpretazione più ampio. Ero convinta che sarebbe stato il mio lavoro. Pensavo contestualmente che, se mi fosse andata male, avrei intrapreso la carriera di coordinatrice di produzione. Ho uno spirito troppo metodico, che stride con la mentalità degli artisti. La mia natura paradossalmente è contro la filosofia che c’è dietro alle dinamiche del cinema ed è forse per questo che lo amo così tanto. Mastroianni diceva: “Per fare l’attore devi saper aspettare”. Ed è proprio questo aspetto che è stato più difficile da accettare per me.

 

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Quali sono stati i tuoi primi lavori?

Ho esordito a 17 anni con la serie “Oltre la soglia” per Canale 5, facevo un ruolo di una ragazza schizofrenica. Ero molto contenta di averlo avuto come primo ruolo perché era molto difficile, ma avevo molta paura di bruciarmi. Fu Monica Vullo la regista a scoprirmi. Sicuramente i miei maestri sono tutte donne (ride): la mia agente, Sandra Gallina, Barbara Chiesa e sicuramente Serena Corvaglia con la quale ho girato un corto dal titolo 101%”, che ho saputo andrà al Festival del Cinema di Venezia.

 

Hai dichiarato che avresti voluto vivere negli anni 90, perché?

Quando ho girato “Unestate fa” - che è ambientato nell’estate del 1990 - la regista Marta Safina ci ha fatto fare una giornata completamente analogica. Non potevamo bere lo spritz, i ragazzi non potevano fumare la sigaretta elettronica. Ho subito notato che tra gli attori si stava creando un rapporto diverso, c'era maggiore fantasia. Abbiamo allora iniziato a fare dei giochi da tavolo. A quel punto sarei voluta davvero tornare negli anni 90! Per due motivi essenzialmente: il primo è lo smartphone, essere attaccati al telefono ti porta sempre fuori, bene o male, dal momento presente. A livello storico credo che aveste maggiori prospettive e meno ansie. Per questo mi sarebbe piaciuto nascere in quell’epoca. Assaporare il tempo. Credo che siamo una generazione improntata sull’angoscia.

 

Che cos’è per te la Bellezza e cosa pensi della chirurgia estetica?

Per quanto riguarda la Chirurgia Estetica credo faccia parte del progresso e non debba quindi essere demonizzata. Deve soltanto essere usata nella giusta misura. Partiamo dal presupposto che, se una ragazza per un complesso vuole migliorare la propria qualità di vita, è giusto che ricorra alla chirurgia. Credo che la verità stia nel mezzo. Personalmente non ricorrerei mai alla chirurgia senza un reale motivo. Ma sono anche consapevole che facendo questo lavoro, dove invecchiare è sempre visto come un lato negativo, a un certo punto toccherà anche a me! Per quanto riguarda la Bellezza, è inutile dire che è soltanto quella interiore, lo ritengo ipocrita perché nella nostra società conta molto di più l’estetica. Per l’uomo credo sia diverso, la bellezza ritengo conti meno. Nel mondo del cinema conta moltissimo, ma se si va a vedere la cinematografia spagnola o francese notiamo che ci sono tanti tipi di donne. In Italia la bellezza è stereotipata, ne faccio parte anche io. Nel nostro Paese ci sono canoni di bellezza troppo stringenti. Nel cinema credo sia necessario “ampliare gli orizzonti”, prendere in considerazione ragazze che non siano solo belle. Prendiamo Franca Valeri che ha costruito sulla bravura la sua carriera.

 

Il film della Cortellesi, “C’è ancora domani”, ha riportato la donna al centro di una realtà sociale, che si stava a mano a mano perdendo. La dimostrazione che il cinema è un “linguaggio” determinante per auspicare un cambiamento?

Il film della Cortellesi ha costituito una cesura importante, considerando che subito dopo c’è stata la morte di Giulia Cecchettin. E’ stato quindi un fenomeno nel fenomeno. Ci sono ancora molti passi in avanti da fare, è importante che i maschi vengano inclusi nella lotta contro gli uomini violenti. Non deve essere un fenomeno soltanto femminile. Ci sono stati dei momenti in cui l’uomo è stato discriminato soltanto perché uomo. Questo è molto grave deve essere un percorso da fare insieme, non uno strumento per inneggiare al femminismo. Gli uomini devono essere integrati.

 

Assistiamo a un fenomeno dove ragazze vicine alla tua età vanno dal chirurgo estetico per somigliare sempre di più alle influencer. Come giudichi questo fenomeno?

Secondo me non è l’età giusta per iniziare questo processo. Gli stessi chirurghi dovrebbero proporre un percorso di consapevolezza. Il chirurgo ha un obbligo morale oltre che professionale. Non ci si può rifare il seno perché ce l'ha X persona su Instagram. Tutti i medici devono mettere prima la salute del fatturato. Ci dovrebbe essere in questi casi un'azione di concerto tra i genitori e i medici. Laddove non arriva il genitore deve arrivare il medico.

 

Progetti futuri?

Credo che sia arrivato il momento che mi sia dato un progetto in cui ho un ruolo principale. Spero che nel 2025 sarà l'anno della consacrazione. A lungo termine non mi interessa diventare famosa. Se devo sognare, vorrei che mi chiamasse Garrone in Italia almeno. Vorrei prendere la “pensione delle attrici”, significherebbe che sono riuscita a fare questo mestiere tutta la vita.