Psicologia

Depressione Post Partum rimedi dr.ssa Paola Pompei

In Breve


Il 12% delle donne in Italia soffre di depressione post partum, un disturbo che, se trascurato, può protrarsi negli anni e portare finanche al suicidio. Ne abbiamo parlato con la psicoterapeuta Paola Pompei:

• La donna entra in crisi e si deprime perché nell’arco di 24 ore vede la sua vita completamente cambiata: non mangia, non dorme, il suo corpo è diverso e la sessualità scarseggia. Non sa come gestire queste difficoltà
• I sintomi comuni della depressione post partum? Pianti improvvisi, sensazione frequente di inadeguatezza al ruolo genitoriale, convinzione di essere entrati in un tunnel senza uscita, calo dell’autostima ed attaccamento eccessivo al bambino
• È più a rischio la donna che non lavora e che non ha una vita di relazioni propria
• Gli uomini non sanno cosa fare, come stare vicino alla compagna e quindi non agiscono. Devono prendere consapevolezza che il ruolo paterno è fondamentale per la stabilità della famiglia
• La donna può essere aggressiva nei confronti del bambino ma poi, nella maggior parte dei casi, l’amore prevale. Mai immolare la propria vita per i figli
• La chiave per uscire dalla crisi è prendere consapevolezza che le difficoltà nella gestione del bambino sono passeggere

Dr.ssa Paola Pompei

Depressione post partum?
Ecco i consigli dell’esperto su come riconoscerla e superarla

Depressione, ansia, senso di inadeguatezza. La nascita di un figlio è un momento magico per la donna ma può anche causarle diversi disagi che, se trascurati, possono costare cari al suo benessere psico-fisico. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità dopo la nascita del bambino, dal 30 al 70% delle neomamme sperimenta un disturbo dell’umore lieve e transitorio, il cosiddetto baby blues, che di solito si risolve spontaneamente entro una decina di giorni. Quando i sintomi persistono si può entrare nella vera e propria depressione che in Italia colpisce ben il 12% delle donne e che in casi estremi può addirittura portarle alla morte. Sempre secondo l’ISS infatti il suicidio dovuto a depressione è la seconda causa di morte materna indirettamente collegata alla gravidanza nell’arco di tempo compreso tra 43 giorni ed un anno dopo il parto.
Ne abbiamo parlato con la psicoterapeuta Paola Pompei per capire come riconoscere la depressione post partum e come intervenire in tempo…

Dottoressa, cos’è la depressione post partum e perché si manifesta?

«È una vera e propria forma di depressione che ha delle cause ben precise. Il problema sta nella difficoltà di adattamento ad una condizione della vita completamente nuova, sia fisica sia esistenziale ed affettiva. La donna ha a disposizione 9 mesi per metabolizzare che dovrà partorire e che avrà un figlio. In questo lasso di tempo il corpo si trasforma piano piano e la mente si proietta lentamente ad un futuro diverso. All’inizio tutte le attenzioni dei familiari e degli amici sono concentrate sulla donna che porta in grembo una nuova vita. Poi invece nel giro di 24 ore la situazione si capovolge completamente: il corpo non è più né quello di prima di rimanere incinta né quello della gravidanza; lo psichismo non è più né quello di quando la donna era libera e sola, né quello di quando il bambino era dentro la pancia. Il neonato è un perfetto estraneo per la mamma che deve imparare a conoscere perché piange, quando dorme, se sta male o ha bisogno di qualcosa. Inoltre anche le attenzioni di tutti si spostano improvvisamente dalla donna al piccolo arrivato. Oltre a questo bisogna affrontare ritmi completamente nuovi: non si dorme, non si mangia, anche fare la doccia diventa complicato e la sessualità scarseggia. In teoria, nell’arco di 24 ore, la donna deve abituarsi alla nuova condizione. Questo è impossibile ed ecco che entra in crisi e si deprime perché non sa che è assolutamente normale il fatto di aver bisogno di un po’ di tempo per metabolizzare la presenza di un figlio nella propria vita».

Ecco dottoressa, quali sono i sintomi più evidenti della depressione post partum?

«Pianti improvvisi, sensazione frequente di inadeguatezza al ruolo genitoriale, convinzione di essere entrati in un tunnel senza uscita, calo dell’autostima ed attaccamento eccessivo al bambino. Se questi sintomi si limitano ad un breve periodo dopo il parto è normale perché, come ripeto, la donna ha bisogno di tempo per metabolizzare questa sua nuova condizione, ma se si protraggono allora bisogna entrare in allarme e chiedere subito l’aiuto di uno specialista». Esiste uno stereotipo di donna più incline a manifestare questo disturbo? «È più a rischio chi non ha una vita di relazioni propria, chi non ha un lavoro e sta tutto il tempo con il bambino. Avere un’occupazione costringe la donna ad uscire di casa, a tenere la mente occupata, ad intrattenere rapporti umani e a lasciare il figlio in mano a qualcun altro, almeno per un periodo della giornata. Questo è fondamentale, tant’è che trovo sia un errore la scelta di abbandonare la propria professione dopo la nascita del bambino».

Molte donne lamentano la poco vicinanza dei loro compagni/mariti in questo periodo di difficoltà. Perché?

«Gli uomini vivono la gravidanza da completi spettatori e quando il bambino arriva sono spaventati dalle difficoltà che il nuovo ruolo genitoriale impone. La maggior parte di loro non sa che cosa fare, non sa come rendersi utile e non sa quindi neanche come stare vicino alla donna se vive un momento di depressione. Purtroppo nessuno insegna loro come comportarsi. Per questo quando facevo i corsi di preparazione al parto insistevo sull’importanza del ruolo paterno come supporto alla donna sia durante la gravidanza sia quando il figlio nasce. Tanti uomini commettono l’errore di prendersi le ferie dal lavoro poco prima che la partner partorisca. In realtà è quando il bambino viene alla luce che il padre deve più che mai essere presente per dedicarsi alla stabilità della sua famiglia, tenendo il più possibile lontane le ingerenze altrui sull’educazione del figlio, e aiutando la mamma nelle faccende quotidiane con il piccolo in modo che possa anche lei prendersi del tempo per sé. È importante anche che il partner abbia più premure ed attenzioni nei confronti della sua compagna per darle maggiori sicurezze. La donna si aspetta che l’uomo sappia cosa deve fare ma purtroppo se nessuno glielo insegna non agirà mai».

Questo periodo di depressione che la donna vive può avere delle ripercussioni negative sul bambino?

«Certamente. La donna può mostrare dei comportamenti aggressivi e di repulsione verso colui che ha causato questo cambiamento così importante nella vita personale e di coppia. Però nella maggior parte dei casi prevale naturalmente l’amore nei confronti del proprio figlio e tutto si aggiusta. L’importante, lo dico sempre, è che la donna mantenga una propria identità al di là dei figli perché se immola la sua vita per loro sarà infelice lei ma renderà infelici anche loro».

Come si può superare questo momento di difficoltà in generale nella coppia?

«Entrambi i partner dovrebbe prendere consapevolezza che questa situazione di incertezza e di precarietà, in cui non si sa come comportarsi con il bambino, in cui si dorme poco, in cui la sessualità scarseggia, è provvisoria e va vissuta per quello che è. L’arrivo di un figlio è un uragano che però si può gestire e che soprattutto passa».


di Maria Lucia Panucci