Psicologia

Roberta Bruzzone riconoscere il manipolatore affettivo

Io non ci sto più - Roberta Bruzzone svela l’identikit del manipolatore affettivo

In Breve


La criminologa e psicologa forense più famosa della tv Roberta Bruzzone spiega come riconoscere un narcisista nel suo libro dal titolo Io non ci sto più - Consigli pratici per riconoscere un manipolatore affettivo e liberarsene.
• Identikit: il manipolatore affettivo è concentrato a soddisfare solo i suoi bisogni, è egocentrico e tende a sopraffare l’altro anche nelle piccole cose per averne il pieno controllo
• Segnali per riconoscerlo: il manipolatore si presenta sotto la luce migliore, come una vittima sfortunata, bisognosa d’amore, buona e incompresa. Con il tempo arriva a screditare l’altro, i suoi valori e le sue scelte
• Attenzione ai figli, strumento di controllo potentissimo
• Manipolatori non si nasce ma si diventa per colpa di modelli genitoriali sbagliati e disfunzionali
• Massimo Bossetti: l’esemplare perfetto di manipolatore affettivo

Chi è il manipolatore affettivo? Come riconoscerlo? Quali sono le strategie per neutralizzarlo e allontanarlo per sempre dalle nostre vite? A queste domande risponde la criminologa più famosa d’Italia Roberta Bruzzone con Io non ci sto più, un piccolo manuale di consigli pratici per individuare al volo quelle persone tossiche che dicono di tenere a noi ma che finiscono per farci fare sempre quello che vogliono. A manipolarci può essere il nostro partner ma anche un genitore, un amico, un fratello, un capo…

Dottoressa, come e quando è nata l’idea di realizzare questo libro?

«Nasce da questi ultimi vent’anni passati ad esaminare vicende purtroppo concluse nel peggiore dei modi, storie che hanno lasciato segni indelebili nella vittima o ancor più spesso finite con l’omicidio. Ho potuto constatare che la maggior parte dei soggetti che avevano commesso atti di questo genere manifestavano una personalità narcisistica ed erano tutti molto abili a manipolare la vittima sotto il profilo affettivo. Questo libro nasce proprio dall’esigenza di fornire uno strumento agile, alla portata di tutti, che aiuti a capire se si ha a che fare con una persona potenzialmente pericolosa per liberarsene velocemente, prima che sopraggiunga l’irrimediabile. È un libro diverso dagli altri che trattano di femminicidi e violenza, perché qui non racconto casi già avvenuti ma mi concentro sui segnali da cogliere sotto il profilo comportamentale, le trappole che queste persone tossiche usano per farci fare ciò che vogliono, le strategie per neutralizzarle e le tecniche per allontanarle definitivamente dalla nostra vita».

Qual è l’identikit del manipolatore affettivo?

«Si tratta di un soggetto improntato a soddisfare i suoi bisogni, totalmente concentrato sulla realizzazione delle sue aspettative e che imposta la relazione in modo asimmetrico, tende cioè a sopraffare l’altro soprattutto nelle piccole cose, per controllarlo e tenerlo in pugno. Si tratta di persone profondamente egocentriche, incapaci di ammettere la propria responsabilità anche per azioni di poco conto e completamente focalizzate ad aggredire l’autostima dell’altra persona. Ricordiamo che quando si tratta di manipolazione affettiva non c’è nulla che viene detto o fatto per caso».

Quali sono i segnali rivelatori a cui accennava prima?

«Per quanto riguarda i rapporti di coppia, che poi sono i casi più frequenti di manipolazione affettiva, si può capire subito se abbiamo a che fare con un soggetto pericoloso, fin dalle prime uscite. All’inizio il narcisista è molto abile a presentarsi come la versione moderna della piccola fiammiferaia, cioè tanto sfortunata, tanto desiderosa d’amore, buona ma incompresa. Bisogna cominciare a diffidare quando le persone raccontano la loro vita in modo pessimistico, come se fossero sempre state vittime di situazioni spiacevoli causate da altri. Man mano che la frequentazione va avanti si assiste a comportamenti via via sempre più gravi con l’obiettivo di portare l’altra persona a dubitare di sé, del suo valore, della sua capacità di valutazione e di scelta. Il manipolatore cerca di stringere il più rapidamente possibile il legame affettivo perché è consapevole che più è profondo il rapporto, più è in grado di esercitare il suo potere. I figli rappresentano uno strumento di controllo potentissimo ed è per questo che i narcisisti propongono molto velocemente al partner di fare un bambino. Non hanno un reale progetto di vita insieme ma sanno benissimo, soprattutto quando il soggetto in questione è un uomo, che un figlio rende la donna più fragile e quindi molto più manipolabile».

Se dovesse fare un bilancio, sono più gli uomini o le donne ad essere manipolatori affettivi?

«La manipolazione affettiva è principalmente connotata al maschile ma posso dirle che non esiste un copyright di genere. Ci sono anche molte donne narcisiste in circolazione, solo che sono subdole e quindi i loro comportamenti sono meno evidenti agli occhi degli altri».

Si nasce o si diventa manipolatori affettivi?

«Lo si diventa a causa di modelli genitoriali sbagliati, disfunzionali. Il padre ma soprattutto la madre sono adulti che hanno loro stessi problemi, frustrazioni, senso di insoddisfazione e riversano questo loro stato d’animo sui figli fino al punto di portarli a sentirsi perennemente inferiori, angosciati dall’idea di doversi confrontare con il resto del mondo per paura di fallire. I manipolatori non ce la fanno a creare un dialogo paritario con l’altro ma imparano fin da piccoli a mentire e a controllare qualsiasi tipo di relazione».

Come si può arginare questo fenomeno?

«Bisogna intervenire fin dalla prima infanzia e fare in modo che il genitore ammetta che il proprio figlio ha bisogno di un percorso riabilitativo/terapeutico. Il problema di oggi è che difficilmente si riesce ad agganciare genitori di manipolatori affettivi o perché loro stessi sono dei narcisisti o perché comunque sono refrattari a riconoscere le responsabilità del figlio, scaricando così la colpa sempre sull’altro. È più facile giustificare che non far pagare le conseguenze delle azioni commesse. Il grosso assente nel modello genitoriale attuale è la capacità di dare punizioni serie, finalizzate a far capire al proprio figlio cosa è giusto e cosa è invece sbagliato per insegnargli a stare al mondo».

Nelle vicende giudiziarie mediatiche, che in tutti questi anni hanno coinvolto emotivamente l’opinione pubblica, c’è stato secondo lei un esemplare perfetto di manipolatore affettivo?

«Ne abbiamo tanti, da Michele Buoninconti nel caso di Elena Celeste a Salvatore Parolisi per quanto riguarda l’omicidio di Melania Rea. Ma forse quello che più ha coinvolto l’opinione pubblica è stato Massimo Bossetti perché continua incessantemente a mentire e a negare le responsabilità che invece con tutta evidenza ha per la morte della piccola Yara Gambirasio».


di Maria Lucia Panucci