Non incinta. Quando Anna posa finalmente il test di gravidanza sente il respiro tornarle nei polmoni. Quel piccolo segno blu sul bastoncino di plastica si trasforma nel grafico di un suono che cresce costante nella sua testa.
Non incintaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa. Si abbandona al sollievo per qualche istante, poi prende il cellulare dalla borsa per tranquillizzare la sua amica di sempre, che sta monitorando whatsapp in attesa di notizie. La giornata può cominciare come una qualsiasi giornata, Anna può uscire dal bagno di casa felice di andare al lavoro, può sentirsi sollevata dall’arrivo dell’autobus in orario e godere di una piccola passeggiata ottobrina tra la fermata e il bar.
- Frank, mi chiamo Frank
- Dai, dimmi il tuo vero nome, Frank è una specie di nome d’arte?
Frank non è il tipo di uomo a cui piace rimorchiare nei bar, di solito entra solo per bere un caffè o un centrifugato quando non ha fretta di correre in ufficio. Oggi è uno di quei giorni in cui vorrebbe solo gustare il centrifugato ignorando gli sguardi ammiccanti della cameriera.
- Sono Frank
Risponde senza guardarla. Frank è abituato alle ragazzine che tentano di mostrarsi interessanti ai suoi occhi, è abituato agli sguardi sognanti davanti ad un suo sorriso, alle voci tremanti per uno sguardo ricambiato. Quella davanti a lui è Claudia, la cameriera dai capelli rosa. Ha da poco compiuto diciannove anni, lavora nel bar il sabato sera e ogni tanto fa dei turni extra per sostituire le colleghe.
“Già, avrei dovuto capire che non è il tipo d’uomo che inventa un nome straniero per sembrare più figo” pensa Claudia tra sé, pentita di aver finalmente trovato il coraggio di parlare al ragazzo dagli occhi blu, “avrei dovuto dire qualcosa di intelligente e invece niente. Sono una stupida!”. Con queste parole in testa, parte per consegnare i cappuccini alla coppia di turisti olandesi ma inciampa e rovescia tutto sul pavimento nell’esatto momento in cui Anna entra nel bar.
- Buongiorno Anna, scusami ho rovesciato il vassoio
Le urla Claudia con un tono di voce quasi isterico. A volte le coincidenze avvengono nel peggiore dei modi, come questa mattina in cui Anna, il suo capo, entra proprio mentre Claudia sta rovesciando il vassoio.
- Buongiorno Claudia, non ti agitare. Prepara due cappuccini per i signori e non farli attendere troppo
Il bar è quasi vuoto e la risposta di Anna alle scuse frettolose di Claudia risuona severa.
Anna si dirige veloce verso il bancone, vuole indossare il suo grembiule in fretta e sistemare tutto per la preparazione del brunch, fra poche ore entreranno gli impiegati degli uffici e delle agenzie vicine a consumare un pasto veloce per la pausa pranzo. Mentre attraversa la sala, Anna nota Frank con la coda dell’occhio e d’improvviso ha solo voglia di nascondersi nella piccola cucina del locale. Tutto l’entusiasmo con cui era uscita di casa si tramuta in un diffuso rossore d’imbarazzo che le inonda il viso.
Frank è un vecchio cliente, era entrato per la prima volta nel bar un giorno d’estate di due anni prima. Indossava un abito in lino grigio, occhi azzurri che brillavano a contrasto con la pelle dorata e un sorriso che avrebbe fermato il traffico. All’epoca Anna aveva ventiquattro anni, un corpo minuto e il desiderio incontenibile di nascondere al mondo i segni dell’acne sul viso. Per due anni aveva guardato Frank nascosta dietro le lenti dei suoi occhiali e per due anni lui aveva finto di non accorgersi di quegli sguardi.
Mi chiamo Anna, ho ventisei anni e lavoro nel bar di famiglia. È strano come tutti noi siamo propensi a rispondere alla domanda “chi sei?” con una serie di informazioni standard, di quelle che chiunque potrebbe trovare semplicemente cercando il nome su Facebook. Negli ultimi anni mi sono posta spesso questa domanda e la risposta è cambiata un sacco di volte. Sono stata una fidanzata, una maturanda del liceo, una fan della musica pop americana e non mi sono mai sentita veramente a mio agio in nessuna delle categorie a cui mi sono iscritta. Un giorno ho cominciato a pensare chi avrei voluto essere ed ho cominciato a cercare negli altri un esempio da seguire, fino a due anni fa, quando ho capito che chiunque io sia o voglia essere non possa riassumersi in una definizione di poche righe.
Per tutta l’adolescenza e anche oltre ho pensato che, per essere affascinante, avrei dovuto costruirmi una personalità enigmatica. Avete presente quelle ragazze vestite quasi sempre di nero che scrivono poesie e leggono libri di autori russi? Ecco, io ero cosî al liceo. Non ero bella e il mio corpo si ostinava a non voler crescere. Statura media, occhi castani, capelli castani lisci che peggioravo con una frangia in stile “casa di cura”, niente seno, niente sedere, gambe ossute. Avevo una sola amica, ovviamente bellissima, che mi raccontava dei suoi mille corteggiatori e delle sue serate in discoteca ad insaputa dei genitori. Alla fine del liceo mi ero decisamente scocciata di rendermi invisibile agli occhi del mondo e avevo tentato la trasformazione estrema. Musica pop, look ispirati a Rihanna e Katy Perry, tacchi per sollevare i glutei e push-up strizzatissimi. Dimenticavo: il mio viso per anni aveva sfoggiato con orgoglio i sintomi dell’acne, che a ventidue anni aveva definitivamente abbandonato il campo lasciando i segni del suo passaggio. Al look da icona pop avevo deciso di abbinare quotidianamente un chilo di make-up a basso costo per coprire con creme e polveri i segni che avevo sul volto.
A parte qualche relazione di poca importanza che mi ostinavo a definire “fidanzamento”, non avevo conosciuto un uomo che mi facesse davvero battere il cuore. Il mio modo di nascondermi al mondo era cambiato ma io restavo invisibile a me stessa e agli altri, nessuno mi vedeva davvero. Un giorno di due anni fa decisi nuovamente di cambiare.
Da qualche mese avevo cominciato a credere che ventiquattro anni fosse l’età giusta per progettare di entrare definitivamente nell’età adulta e che questo passaggio comportasse l’abbandono di ogni capo d’abbigliamento glitterato, fluo o con frasi provocatorie impresse sulla stoffa. Meno trucco ed una forzata accettazione di sé, acne compresa. Era il primo giorno in cui indossavo gli occhiali da vista, oggetto che sulle altre sembrava dare un effetto da segretaria sexy, su di me era buffo e sgraziato. Stavo sistemando le tazzine nella lavastoviglie quando un fascio di luce proveniente dalla porta d’ingresso aveva anticipato l’entrata di Frank. Non so cosa successe dopo, non ricordo molto. Forse sono svenuta appena la sua voce profonda ha chiesto “un caffè corto, per favore” o devo aver fatto un caffè molto buono perché, da quel giorno, Frank ha bevuto almeno altri seicento caffè nel mio bar e qualche centrifuga nei weekend.
Ricordo che rinvenni quando lui andò via e, come in un film degli anni ’80, il mio sguardo miope e sognante cadde su un volantino abbandonato tra le pubblicità accanto al bancone. “Laser contro acne e smagliature. Prima visita gratuita telefona al numero….”. Ok, pensai, Dio mi sta dicendo qualcosa. Per anni ho tentato di nascondermi sotto look improbabili, in ambienti che non mi appartenevano, forse il cammino verso l’età adulta prevede che io faccia pace con il mio aspetto? Forse questi anni di gavetta mi hanno condotta finalmente verso la soluzione? Oppure il mio era solo il desiderio che quel bellissimo uomo dagli occhi azzurri mi vedesse? Non doveva guardarmi come si guarda la ragazza che ti prepara il caffè, no, doveva vedermi! E affinché lui mi vedesse dovevo prima vedermi io.
Chiamai quel numero, prenotai la visita e cominciai un trattamento che avrebbe nascosto finalmente il difetto più grande da cui mi nascondevo. Decisi di iscrivermi in palestra, scelsi un corso di yoga per imparare ad ascoltarmi e cominciai a vestirmi per valorizzare le forme del mio corpo con l’aiuto dei tutorial su YouTube. Avevo deciso di studiare la nuova me e per farlo non dovevo cercare negli altri chi volevo essere, ma dovevo conoscermi, ascoltarmi, dare forma alla mia immagine. La parte bella di me c’era sempre stata e per trovarla dovevo scavare partendo dalla superficie.
Oggi ho ventisei anni, non devo nascondere la pelle del viso sotto il trucco, trovo che la montatura dei miei occhiali mi doni e quando mi guardo allo specchio mi trovo carina. Il mese scorso, era un sabato sera ed ero uscita prima dal bar. Mi trovavo in un locale con un’amica, sempre la stessa amica dai tempi del liceo. Era uno di quei locali all’aperto in cui ci si ritrova a bere cocktail e a celebrare l’addio all’estate. Il dj incitava i ragazzi sotto la console a saltare, io sorseggiavo il mio Mojito e mi guardavo intorno senza troppo interesse quando l’ho visto. Cosa ci faceva un tipo figo come Frank in un locale qualsiasi?!? Uno cosî lo trovi nelle aree protette, non si fa vedere in mezzo alla gente comune.
Evidentemente mi sbagliavo.
- Ciao
Sî, mi aveva detto “ciao”. Non lo aveva detto alla tizia dietro di me o alla mia amica che mi guardava con la bocca aperta ed un’espressione fin troppo eloquente, lo aveva detto a me. Avevo ricambiato il saluto e mentre lui si allontanava avevo risucchiato tutto il Mojito senza accorgermene. Nelle due ore successive la mia amica si era lanciata in un approccio troppo esplicito con Frank e il suo amico, io ero rimasta in disparte paralizzata dalla timidezza e dall’alcool, incapace di intervenire per fermare la cosa. Il mio atteggiamento aveva attirato per qualche motivo le attenzioni dell’amico di Frank su di me, che aveva lasciato da soli i due per sedersi accanto a me ed offrirmi nuovamente da bere. In poco tempo eravamo soli. Non so se la mia amica sia andata a letto con Frank, lei dice di no e che lui è glaciale e senza sentimenti, ma so che io sono andata a letto con il suo amico e che da quel giorno non sono riuscita più a guardare Frank negli occhi. Ho temuto di essere rimasta incinta. Oggi potrei avere in grembo il figlio di un uomo che non ricordo come si chiami, figlio di un mojito e di una sera sbagliata, figlio dell’amico dell’unico uomo che vorrei mi posasse gli occhi addosso. Voglio nascondermi.
Adesso sono qui, nel mio bar, indecisa se uscire dalla cucina o restare nascosta fino all’ora del brunch quando sento una voce chiamarmi….è Frank.