Quando si pensa alla donna medievale erroneamente si ha l’immagine di una bellezza dimessa, timorata di Dio, che ha poca cura dell’estetica. La Chiesa giocò un ruolo fondamentale nel determinare usi e costumi di uomini e donne in quei secoli “oscuri”, ma è anche vero che, così come accade oggi, non sempre i precetti cristiani erano seguiti alla lettera, almeno per la cosmesi.
La storia ci ha consegnato tracce assai antiche circa le abitudini femminili nella cura della bellezza, risalenti addirittura alla preistoria. Il primo trattato medico di cosmetica compare nel Medioevo, De Ornatu Mulierum, a cura della medichessa di Salerno Trotula De Ruggiero. Per noi donne di oggi, leggere questo documento è sorprendente, in parte per le bizzarrie che contiene, ma soprattutto per le molte affinità con le nostre antenate. Nel trattato si leggono consigli su come mantenere giovane la pelle, nascondere rughe, macchie e lentiggini, preservare il pallore del volto, lavare i denti, curare alitosi, gengiviti, labbra screpolate e molto altro.
I peli superflui sono sempre stati un problema. La donna medievale, la cui pelle doveva essere candida e levigata, odiava quanto noi la peluria sulle gambe. La ceretta era un impasto di arsenico e calce viva, ricetta risalente al XIV secolo, aveva colore giallo intenso e veniva utilizzata a temperature difficilmente sopportabili. In alternativa si inserivano aghi roventi nel bulbo pilifero per bruciare all’origine il pelo.
Per levigare la pelle del corpo, le donne fiorentine ricevevano a domicilio delle professioniste di bellezza che facevano una sorta di scrub. Lo strumento utilizzato per ottenere una pelle vellutata era fatto di legno e vetro. Uno strumento di tortura, insomma, ma si sa che chi bella vuole apparire. . .
Le donne italiane non sono mai state in prevalenza bionde ma i rapporti con le popolazioni germaniche diffusero nella Penisola la moda dei capelli dorati. Si narra di nobildonne circondate da giovani paggetti biondi ai quali tagliavano i capelli per indossarli e camuffare la chioma scura, una pratica antenata delle moderne extension che veniva definita “posticci”.
Per tingere i capelli di biondo, invece, il trattato descrive una tintura ottenuta con la corteccia di sambuco, fiori di ginestra, zafferano e tuorlo d’uovo, oppure un altro unguento con api incenerite in un barattolo e mescolate ad olio e latte di capra.
Inizialmente il monito della Chiesa ebbe la meglio sulle acconciature, imponendo veli e cuffie che nascondessero i capelli, ma ciò non impedì nel corso dei secoli che si diffondesse l’uso di acconciature adornate da metalli e pietre preziose su lunghe chiome che arrivavano fino alle ginocchia.
Tra XI e XII secolo erano di moda labbra piccole, fronte alta, occhi grandi e sopracciglia ad arco. Le donne più ricche, in occasione di grandi eventi, ingaggiavano pittori per farsi dipingere il volto con colori ad olio.
Le sopracciglia venivano rasate e poi disegnate con un tratto nero, alcune mettevano sugli occhi un composto argilloso verde o blu per dare allo sguardo una profondità maggiore, mentre il candore della pelle era agevolato dalle creme cosmetiche. Queste erano a base di aceto, miele e polvere di piombo, un intruglio altamente tossico che col passare del tempo deturpava il volto e causava la morte prematura di chi ne faceva uso. Più avanti vennero introdotti carboncino e nerofumo per sottolineare la linea delle ciglia. Unica eccezione al pallore del viso era un leggero rossore concesso alle guance, ottenuto da un antenato del blush a base di zafferano.
Se le nostre antenate medievali avessero saputo che nel XXI secolo la mastoplastica additiva sarebbe stata uno degli interventi più richiesti, la notizia le avrebbe fatte inorridire. Il seno non era affatto considerato un elemento di seduzione, anzi veniva schiacciato con fasce molto strette. Molto più femminile era lo stomaco, tanto che le donne più gracili talvolta inserivano delle imbottiture sotto al vestito per dare l’impressione di una pancia florida.
I piedi ed i polpacci erano considerati assai erotici, tanto che la moda del tempo preferiva scollature vertiginose e gonne lunghissime e coprenti.
La Chiesa ebbe un ruolo determinante sul concetto di igiene, accusando i bagni pubblici di essere luoghi di perdizione e ambienti promiscui. La toeletta quotidiana non prevedeva l’uso di acqua poiché considerata canale preferenziale nella diffusione delle malattie. Una volta a settimana ci si lavava il torso, ma generalmente si pulivano mani e viso solo dopo essersi vestiti.
Durante la notte le donne indossavano dei guanti che erano stati immersi in miele e mostarda per nutrire le mani.
La fronte molto alta era assai di moda quindi si applicava all’attaccatura dei capelli un composto a base di sulfuro d’arsenico e calce viva. Questo, oltre a far cadere i capelli e dare alla fronte un aspetto più gonfio, era lo stesso composto usato per far decomporre velocemente i morti.
La cipolla veniva utilizzata come peeling per combattere l’acne e dare al volto un effetto antiaging.
Lo shampoo veniva fatto abbastanza di frequente con sostanze di origine vegetale mischiate a zolfo o acquavite. Il sapone non esisteva ma si utilizzavano soda o farina di fave per detergersi. Anche i denti dovevano essere bianchissimi, ma ahimé non esisteva ancora il dentifricio. Al suo posto si era soliti sfregare i denti con composti a base di orina di fanciullo impastata con pomice o marmi grattugiati, oppure ossa di animali frantumate e ridotte in polvere.
Viso e collo venivano puliti con acqua di rose importata dall’Oriente, così come i profumi.
Il Medioevo è considerato un periodo oscuro ma molti studiosi hanno cercato di riabilitare la sua fama. Cercando un parallelo tra le mode del tempo e i giorni d’oggi, senza badare ai materiali altamente tossici che venivano utilizzati e al concetto di igiene precario se non assente, va considerata assai moderna l’idea di bellezza. La bellezza, sebbene la Chiesa tentasse di inibirla considerandola espressione del demonio, era largamente intesa come espressione quasi divina. La cura dell’estetica era fondamentale e nel trattato di Trotula è scritto che la donna deve raggiungere la bellezza per essere in armonia con la natura e l’universo. Un concetto di benessere assai moderno, che ha a che fare con la bellezza estetica intesa come salute del corpo e dello spirito. I secoli a venire avrebbero dimostrato che molti degli ingredienti utilizzati nella cosmesi non erano affatto adatti alla salute, ma il principio che stava alla base del loro utilizzo era lo stesso che muove le donne ed i medici di oggi a cercare nella scienza cosmetica le soluzioni migliori per garantire uno stato di benessere psicofisico ottimale.