Lettura

Tutte pazze per Frank – Parte II

Rossella ha cinquantacinque anni, due figlie in giro per il mondo e un marito che ha scelto di vivere una seconda giovinezza seguendo una segretaria trentenne in una città con più promesse. La più classica delle storie a cui Rossella non sembra voler regalare neanche una lacrima.
Ha estinto ogni desiderio residuo di essere moglie con i soldi spesi in trattamenti estetici e costosissimi corsi. Un corso di scrittura e uno di lettura, un corso di conoscenza del tè e uno di meditazione, un corso di cucina e uno di trucco. Squarci di creatività per non cedere alla tentazione della routine.
Rossella, che prende il nome dalla capricciosa O’Hara, nella sua vita non ha mai fatto capricci. Ha voluto essere moglie, madre e lavoratrice così come la vita e le circostanze le avevano chiesto. È a questo che pensa mentre torna verso casa dopo l’ennesima seduta di medicina estetica, il suo unico vezzo è sempre stato la bellezza che negli anni ha difeso con amore.
Le porte della clinica si aprono e Rossella si affaccia alla luce del sole autunnale, nascosta dietro i suoi grandi occhiali neri. Mentre scende i gradini con passo svelto si annoda il foulard di seta attorno al collo, proteggendo il mento e parte della mandibola. È molto elegante, il cappotto le scivola addosso con grazia, nascondendo appena le caviglie adornate dalle calze di seta nera. Il bavero le copre le estremità dei capelli lisci e ben pettinati, tra cui fanno capolino due perle appese ai lobi delle orecchie. Termina la sua elegante discesa ed entra in auto. Poggia la borsetta sul sedile passeggero e accende la radio. La fretta è svanita. Resta qualche attimo immobile, come in attesa, prima di liberare il collo dall’abbraccio del foulard ed inserire la chiave nel quadro.

Poco prima di svoltare verso il viale di casa le squilla il telefono
-Pronto?
-Ciao Mamma!
-Ciao Tesoro, come stai?
-Bene, tu?
-Bene anche io
-Mamma, domani torno in città ma sono di passaggio, ci vediamo?
-Certo che ci vediamo, vuoi che ti venga a prendere?
-Non ce n’è bisogno, vediamoci al bar di Anna alle quattro
-Va bene, ti aspetto lì. Sicura che non devo venirti incontro?
-Sicura. A domani Mamy
-A domani
Gli ingressi delle figlie nella sua vita l’hanno sempre divertita, le paragona a due uccellini che entrano d’improvviso dalla finestra, riempiono ogni stanza di suoni e volano via per ritornare ancora senza preavviso. È fiera di come sono venute sù le sue ragazze.

Il giorno dopo Rossella si alza molto presto. Da alcune settimane sta mettendo in pratica gli insegnamenti del corso di meditazione. Sveglia all’alba e cura dell’anima. È sempre stata mattiniera ma da quando vive da sola sembra che anche il sonno abbia deciso di salutarla lentamente, mostrandosi sempre più di rado. La meditazione è un altro diversivo che non riesce ancora a vivere con piena dedizione, un rituale da aggiungere al momento tra il risveglio e la cura delle piantine sul balcone, prima della colazione.

“Chissà che novità avrà da raccontare la mia piccola Sylvia che ogni volta mi dà appuntamento nel bar della sua amica Anna, come se non esistessero altri bar più vicini...e chissà se si accorgerà dell’ultimo trattamento che ho fatto. Speriamo almeno che abbia qualche bella notizia da darmi” pensa tra sé, e senza accorgersi comincia a fantasticare sulle bellissime avventure che può vivere sua figlia in questo periodo così ricco di aspettative e opportunità per la vita e la carriera. Non ha mai sperato di sentirsi più giovane attraverso le vite delle sue bambine, ha sempre allontanato ogni possibile comportamento che potesse portarla a proiettare sulle ragazze le proprie aspettative, come invece avevano fatto i suoi genitori con lei. Ma erano altri tempi. Chi la conosce descrive Rossella come una donna fiera, una madre attenta ma discreta, che non meritava affatto un marito così ingrato. A lei, però, non importa cosa ha da dire la gente, crede che suo marito sia stato un brav’uomo, dopotutto, o almeno un buon padre. La loro storia era semplicemente finita, si era consumata lentamente nelle pieghe del tempo tra la routine e le vacanze.

Le quattro arrivano presto e Rossella è già nel bar ad aspettare sua figlia quando Anna le porta un piccolo assaggio dei pasticcini alla zucca sfornati da poco. Le due ragazze si conoscono da sempre, quando Anna era piccola le piaceva andare a studiare a casa di Sylvia perché nella sua enorme camera con gli unicorni e le cascate che decoravano le pareti, ogni momento era un’occasione per lasciare che la mente vagasse lontano dai libri verso storie create dalla fantasia delle due bambine.
Sylvia irrompe nel bar con il solito entusiasmo che la caratterizza, appena scorge sua madre le corre incontro assalendola alle spalle. Rossella sorride ma non si scompone, gli occhi le brillano di gioia nel vederla.
-Mammina!!!
-Ciao Tesoro mio
Sylvia le si siede accanto, indossa ancora la sciarpa e la giacca di pelle marrone quando afferra un pasticcino alla zucca, poi si alza in fretta e saluta Anna abbracciandola prima di tornare al suo posto.
Mamma, ti dico subito perché sono qui. Ci sei?
Rossella accenna ad un sì con la testa
Ho fatto un colloquio in un’agenzia fighissima che ha sede a Parigi, Londra e anche qui. Ho presentato la mia domanda nella sede di Londra e loro mi hanno messa in contatto con il responsabile della sede che si trova qui. Ci sei? Bene, domani ho un incontro con lui, dicono che gli serve qualcuno che si muova tra qui e Londra e …. dai, dimmi qualcosa!

-Torneresti a lavorare in città?
-Sì, in un certo senso. Sarei sempre in giro, come ora, ma in pratica una delle mie case sarebbe qui. Sei contenta?
-Certo che sono contenta! Ma ti trattieni qualche giorno o vai via subito?
-Domani ho il colloquio con questo Frank che è una sorta di amministratore delegato e in serata parto perché devo incontrare dei clienti martedì. Ma se domani va bene con lui, torno presto

Anna ha sentito tutta la conversazione. Sentire pronunciare il nome di Frank, oggi, la fa ancora arrossire. D’improvviso ricorda la sua mattinata e la voce di Frank che la chiamava al di là del bancone, sente ancora un calore diffuso inondarle il viso.
“Mi sono presa una bella cotta” pensa “arrossisco ogni volta che Frank mi chiede un caffè…bella sfiga per una che lavora in un bar!”. Mentre rimprovera se stessa le viene in mente il goffo tentativo di nascondersi ai suoi occhi, il ticchettio dell’orologio che si avvicinava all’ora del brunch e ancora la voce di Frank che la chiamava.

-Anna…
-Arrivo

Questa volta è Sylvia a chiamarla, Anna spera che il rossore che le è tornato in viso pensando a Frank possa passare inosservato agli occhi della sua amica.
-Anna, hai sentito che forse torno a lavorare in città?
-Sì, una splendida notizia, sarebbe bello
-Cos’hai? Non sembri molto contenta
-Scusami, è che ho sentito quel nome Frank, speravo non te ne accorgessi ma….niente, è solo che ho conosciuto un Frank.
Anna sorride, sa di non poter nascondere i suoi pensieri all’amica, non c’è mai riuscita.
-Be’, non ho ancora incontrato il Frank di cui parlo io ma mi hanno detto che è molto bello, sai? Uno di quelli che frequentano i posti giusti. Non credo sia lo stesso.
-No, non sarà lo stesso
Sylvia finisce in fretta il suo caffè e corre via. Sua madre resta seduta ancora un po’, felice e ancora incredula della bella notizia ricevuta, mentre Anna torna al suo lavoro con una sensazione strana che la assale.


di Teresa Peccerillo