Intervista al giornalista Valerio Piccioni: ‘Lo sport? È assolutamente Bellezza’
IN BREVE:
- Il giornalista Valerio Piccioni incontra i ragazzi della scuola secondaria di primo grado
- Valerio Piccioni racconta le storie dello sport
- Miguel Sànchez e ‘Lo Sport è un Mappamondo’
- Gli insegnamenti simbolici
- Le interviste
- Conclusioni
- La poesia di Miguel
I ragazzi della scuola secondaria di primo grado hanno incontrato il giornalista de La Gazzetta dello Sport, Valerio Piccioni. Si è trattato di una mattinata interessante e coinvolgente, durante la quale la Dott.Ssa Lucia Calò, ha ringraziato il giornalista Valerio Piccioni e il Dott. Luca Chianura, dell'Associazione Giornalisti Italiani, che hanno interagito con i ragazzi facendo scoprire loro le molteplici sfaccettature dello sport.
La rassegna si suddivide in tre parti (tante quante sono le classi della scuola secondaria), durante le quali illustra questo suo importante progetto dedicato a Miguel e intitolato ‘Lo Sport è un Mappamondo’.
La prima storia che Piccioni decide di raccontare ai ragazzi è quella della ginnasta Simone Biles, attraverso la quale esprime un concetto simbolico importantissimo, ovvero: lo sport è anche difficoltà. Lo sport è anche vita, perché c’è chi decide di dedicarsi anima e corpo; ma, in tutto questo, occorre tenere presente che vi sono anche dei limiti che non bisognerebbe oltrepassare. Questi ultimi vengono illustrati (dallo stesso Piccioni) come dei numeri che divengono sinonimo di una tremenda ossessione per lo sportivo e, dunque, l’irrefrenabile voglia di raggiungere l’ambito traguardo e posizionarsi al primo posto. Se questo pensiero diviene una costante nella tua vita e nel tuo allenamento, ti porta solo a peggiorare e mai a vincere, perché l’ossessione del podio annulla il tuo lavoro e la tua stessa passione. Il racconto prosegue con la storia e l’etimologia della parola ‘maratona’, riprendendo la battaglia tra i greci e persiani (la famosa Battaglia di Maratona del 490 a.C.) vinta dai primi. Una ‘guerra’ che vide, però, i greci in allerta poiché i persiani non avevano ceduto del tutto durante quello scontro e rimasero sulle loro navi lungo le coste greche. La loro presenza poteva mettere a repentaglio la pace in terra greca e, così, il soldato Filippide si mobilitò tentando di raggiungere Atene affinché, generali e popolo, sapessero della presenza dei persiani.
Dalla figura dell’emerodromo Filippide si giunge, dunque, alla ricostruzione della maratona (come gara sportiva) e alla storia delle Olimpiadi che, nel corso degli anni, ricordiamo che sono state sospese per poi essere riprese.
Piccioni parla, poi, della sua esperienza personale vissuta il 25 ottobre 1981, giorno in cui corse la maratona di New York e, della quale, ricorda ogni singola cosa tranne una: il posto in cui lo stesso si posizionò. Questa sua dimenticanza è stata un ulteriore insegnamento, perché stava a significare che la cosa bella dello sport è quella ‘terra di mezzo’ dove non vi sono né vincitori né vinti e facendo comprendere che le passioni sportive possono nascere anche se non vi è un campione del tuo stesso Paese che rappresenta quel medesimo sport, perché sono proprie di ogni singolo individuo.
Dopo questi approfondimenti, il giornalista decide di raccontare la storia di Miguel Sànchez partendo dal suo costante allenamento quotidiano che aveva inizio alle 5 del mattino in compagnia del suo fedelissimo cane Adam. Dopo l’allenamento, arrivava il momento di andare a lavoro, successivamente rincasava per allenarsi, andare a studiare e concludere la sua giornata. Miguel, racconta Piccioni, purtroppo morì giovane, all’età di 25 anni, a causa del regime dittatoriale nel suo Paese, partecipò alla Corrida Internacional de Sao Silvestre nel 1977, la quale si svolge in Brasile dal 1925 e che è alquanto suggestiva proprio perché ha inizio la notte di San Silvestro e si conclude con l’arrivo del primo finalista che, tecnicamente, dovrebbe ‘tagliare il nastro’ allo scoccare della mezzanotte con l’arrivo del nuovo anno.
L’intento di Miguel non è quello di vincere la corsa, ma è quello di raccogliere le firme di tutti i corridori provenienti da tutto il mondo (un pezzo di storia custodito dallo stesso giornalista e che ha avuto in regalo dai fratelli di Miguel), proprio perché la bellezza dello sport è quella di mischiarsi.
Prima della corsa, Miguel si ritira nella stanza del suo albergo dove scrive una poesia dedicata all’atleta e che viene letta dallo stesso Piccioni, una poesia che è in grado di donare un pathos incredibile. La stessa venne, poi, consegnata dallo stesso Miguel a La Gazeta Esportiva quello stesso giorno. Il ricordo di Miguel tocca il cuore di tutti, soprattutto perché quel ragazzo è stato in grado di dimostrare il fatto che lo sport è un mappamondo e permette di scoprire se stessi. Un ragazzo umile, volato in cielo troppo presto (a 25 anni) a causa del regime dittatoriale presente nel suo Paese, l’Argentina.
Piccioni, poi, inizia a parlare di un tema alquanto delicato, ovvero dell’esclusione delle donne dalle Olimpiadi del 1896.
Da qui, si parte con la storia di Stamata Revithi, una giovane mamma di un bimbo di 18 mesi che viveva in un quartiere di Atene e che venne a sapere che si sarebbe corsa la maratona da Maratona ad Atene. A quei tempi, però, le donne non erano ammesse e, data la sua esclusione poiché donna, Stamata decise di bloccare l’inizio della maratona collocandosi dinanzi alla linea dove erano posizionati i corridori. Dato che non era ammessa violenza, Stamata venne invitata a lasciare la pista a patto che lei avrebbe potuto fare lo stesso percorso il giorno dopo ufficialmente. Dopo aver accettato e giunto il giorno della sua gara, Stamata fa la sua corsa, ma una volta giunta alla fine comprende che si trattava solo di una truffa, poiché non vi era nessuno ad attenderla.
Con il passare del tempo, la situazione ‘tende a migliorare’ con l’avvento delle Olimpiadi femminili svoltesi nel 1921 a Parigi grazie alla volontà e alla caparbietà della nuotatrice francese, Alice Milliat. Nel 1928, invece, si apre all’atletica leggera, ma la maratona rimane ancora un tabù. Solo sopo alcuni decenni, si aprono le porte anche alle donne e, precisamente, nel novembre del 1978, anno in cui una ragazza di Oslo, Grete Andersen, decide di accettare l’invito degli organizzatori della maratona di New York e parteciparvi. Una decisione titubante scaturita dall’insistenza del marito che le faceva anche da allenatore. In quell’occasione, Grete vinse e lo fece per 9 volte consecutive.
Si passa al racconto dedicato alla nascita delle paralimpiadi, nate grazie allo splendido ed encomiabile lavoro svolto dal Dott. Ludwig Guttman, un medico che dirige un centro ove vi erano tutti i reduci e feriti gravi della Seconda Guerra Mondiale con lo scopo di donare loro il recupero della vita normale.
Com’è facile immaginare, queste persone erano allettate per tutto il giorno e avevano ancora negli occhi e nella mente le immagini e l’ossessione della guerra. Il tempo passa e Guttman vive ogni giorno la vita di queste persone e, nel frattempo, pensa alle condizioni in cui riversano che non sono sinonimo di ‘vita’, ma di sopravvivenza; così, un giorno decide di portare tutti i feriti in un campo da basket a Stoke Mandeville dove, con un semplice pallone da basket, si diede vita a una speranza divenuta realtà: la nascita delle paralimpiadi.
Si passa alle domande fatte dai ragazzi tra cui una sulla rilevanza della tecnologia che, a suo avviso, è fondamentale, ma lo è ancor di più il contatto tra gli uomini, proprio come il semplice fatto di guardarsi negli occhi e di abbracciarsi che, nello sport, è quasi di vitale importanza.
Le interviste
Dott. Valerio Piccioni, in cosa consiste ‘La Corsa di Miguel’?
‘La Corsa di Miguel è un modo per ricordare un ragazzo, un argentino, un poeta, un amante dello sport che, purtroppo, è stata una delle 30.000 vittime della dittatura militare nel suo Paese tra il 1976 e il 1983. Io ho scoperto questa storia durante un viaggio in Argentina dove ho conosciuto i fratelli e le sorelle di Miguel, poi, una volta tornato a Roma, assieme a un gruppo di amici, abbiamo ideato ‘La Corsa di Miguel’’
‘Lo Sport è un Mappamondo’ è uno slogan, un messaggio simbolico o può significare anche altro?
‘’Lo Sport è un Mappamondo’ perché lo sport è un mappamondo. Lo sport non esiste se non ci si muove, non ci si incontra, non ci si mischia. Miguel Sànchez aveva portato, dal suo ultimo viaggio, un depliant dove c’erano le bandiere e gli autografi di tanti atleti e questa era la sua idea: lo sport come viaggio, come scoperta, come confronto; aveva un’agenda dove intervistava tutti gli atleti. E, oltre a gareggiare, era, in qualche modo, anche un giornalista, un narratore, un raccontatore, gli piaceva tantissimo parlare con le persone. Per tale motivo, abbiamo pensato che, il modo migliore per ricordarlo, non fosse solo gareggiare, ma anche raccontare. ‘Lo Sport è un Mappamondo’ è coerente con questo suo approccio all’idea di atletica, un approccio fortemente inclusivo dove tutti si possono sentire a casa’
Secondo lei, nel corso degli ultimi 70 anni (quindi, dagli anni ‘50 ai giorni nostri) in che modo è cambiata la visione dello sport?
‘È cambiata tanto perché lo sport è diventato un qualcosa che è entrato nelle nostre vite non solo come l’impresa da applaudire, da seguire, da tifare; ma tante popolazioni e tante fasce della popolazione hanno cominciato a scoprire lo sport anche come pratica sportiva. Pensiamo al fatto che nel 1960 soltanto un milione di italiani faceva sport e, oggi, sono 20 milioni, però sono ancora pochi; pensiamo, per esempio, al fatto che c’è ancora una differenza enorme tra il Sud e il Nord; pensiamo al fatto che le Donne fanno sport nel 30% dei casi, mentre gli uomini nel 40%; pensiamo al fatto che ci sono tante scuole che non hanno palestre; pensiamo, soprattutto, al fatto che ci occupiamo molto spesso di medaglie, di successi, di trionfi, di delusioni, di sport di vertice e, poi, facciamo fatica a pensare che lo sport sia un linguaggio di tutti, dove se tu vai a 3 minuti al Km va bene, se tu vai a 5 va ancora meglio e se tu vai a 7 devi, comunque, sentirti a casa. Quindi, questo è lo spirito de ‘La Corsa di Miguel’: far sentire a casa tutti. Dunque, io vorrei fare appello a tutte le scuole (sia del territorio che nazionali) invitandole a contattarci, perché siamo disposti ad andare in qualsiasi scuola senza dire ‘no’ a nessuno. L’inclusione deve essere totale, la nostra disponibilità lo è e, quindi, un abbraccio grande alla scuola che, oggi, ci ha ospitato e a tutto questo straordinario mondo della scuola, a questa comunità che è pienissima di energie’
Il suo è, sicuramente, un bel messaggio, soprattutto quello dell’inclusione che, oggi come oggi, viene anche un po’ a mancare e, invece, ce ne sarebbe tanto bisogno.
‘Sì, perché molto spesso la nostra vita è fatta di recinti, di orticelli, di illusioni di proteggersi dai guai del mondo con l’egoismo e, invece no, perché ci si difende dai guai del mondo (che ci sono e ci sono anche nello sport) aprendo le porte’
L’inclusione è anche un tema fondamentale in ambito sportivo relazionato al rapporto tra i ragazzi. Quant’è fondamentale tutto questo?
‘È fondamentale perché, spesso, tra i ragazzi ci sono delle barriere che non vediamo o che non vedono nemmeno loro. Naturalmente, la tecnologia ha portato tante possibilità in più: possiamo comunicare; però, abbiamo il problema che, molto spesso, ci manca la fisicità, ci manca la sensazione di interrogare il nostro corpo e di farlo anche assieme ad altri amici. Il computer e lo smartphone vanno bene, però se diventano il nostro unico modo di socializzare, poi, alla fine inquinano e avvelenano la nostra vita. Quindi, ecco che lo sport (come la scuola) è uno strumento determinante per andare avanti e mantenere questa dimensione: dell’abbraccio, dell’incontro e dello stare insieme’
Lo sport è importante anche per la salute, ma se dovesse rapportarlo alla Bellezza, in che modo lo farebbe?
‘Secondo me, lo sport è un modo di essere belli, di essere belli dentro e di essere belli fuori. La Bellezza è un concetto, non ci inganniamo perché è anche oggettivo dato che ci sono dei canoni di Bellezza; ma la Bellezza è, soprattutto, questa sensazione di pienezza, la pienezza che ti viene data da un momento in cui ti senti bene, dal momento in cui conosci delle persone, dal momento in cui scopri dei pezzi di mondo. Quindi sì, lo sport è assolutamente Bellezza’
Qual è, invece, il messaggio che vorresti mandare a tutti i ragazzi?
‘Vorrei dire di guardare davanti perché è giusto e perché si devono prendere il futuro, ma di guardarsi anche intorno: a destra, a sinistra, dietro perché il mondo va letto, visto, interpretato, raccontato nella sua interezza non pensando che ci sia solo una cosa da inseguire e che, poi, può diventare anche un’ossessione. A volte, in un luogo, bisogna avere la capacità di guardarsi intorno e lo sport ti consente tutto questo, perché lo sport mappamondo è questo: tu puoi scoprire che nella Repubblica Dominicana sono pazzi per il baseball, in India per il cricket, in Nuova Zelanda per il rugby, in Etiopia, ovviamente, tutti corrono. Non basta guardare solo la parte settentrionale del mappamondo, bisogna guardarlo tutto’
Dott. Luca Chianura, secondo lei, qual è l’insegnamento che Valerio Piccioni ha lasciato ai ragazzi durante l’incontro di oggi?
‘Secondo me, oggi Valerio è riuscito ad abbracciare tutti i ragazzi attraverso le sue parole e le sue storie e, allo stesso tempo, ha insegnato loro il valore dello sport che non è solo competizione, ma unione. Capendo questo, i ragazzi di oggi (che rappresentano il futuro) riusciranno a vivere in un mondo migliore’
Dott.Ssa Lucia Calò, cosa pensa di questo incontro?
‘Sicuramente, si è trattato di un incontro importante che ha permesso ai ragazzi di conoscere un lato diverso dello sport. Credo che sia servito tanto a loro, perché l’esperienza del corrispondente non può far altro che avvicinarli alle diverse discipline sportive’
Secondo lei, qual è l’insegnamento principale che i ragazzi possono trarre da quanto ascoltato?
‘Senza dubbio, la rilevanza dello sport intesa non come il doveroso raggiungimento del primo posto, ma come unione e inclusione. Il Dott. Piccioni ha detto che lo sport è un linguaggio universale e, anche attraverso il racconto della storia di Miguel, i ragazzi saranno riusciti, di certo, a comprendere quanto sia meraviglioso incontrarsi, essere uniti e abbracciarsi tra di loro, soprattutto con altri atleti di culture diverse’
Prof.Ssa Zannetti, come descriverebbe l’immagine del giornalista Valerio Piccioni?
‘Ascoltando le esperienze del Dott. Piccioni, non posso far altro che descriverlo come ‘l’uomo che scrive le storie dello sport’. Lui, non solo ha parlato della storia di Miguel e del profondo significato che assume la frase ‘Lo Sport è un Mappamondo’, ma ha anche rivelato alcune sue storie personali mettendosi a nudo con i ragazzi. Le sue parole saranno un valido insegnamento per questi giovani ragazzi e atleti del domani, nella speranza che comprendano che lo sport non è solo sinonimo di primo posto, ma anche di unione e fratellanza tra i vari popoli’
La poesia di Miguel
Per te atleta
Per te che sai di freddo, di calore, di trionfi e di sconfitte.
Per te che hai il corpo sano,
l’anima ampia e il cuore grande.
Per te che hai molti amici,
molte aspirazioni,
l’allegria matura e il sorriso dei bambini.
Per te che non sai di gelo, né di sole,
né di pioggia, né di rancore.
Per te, atleta, che percorri i villaggi e le città
unendo stati con il tuo camminare.
Per te, atleta, che disprezzi la guerra e aneli la pace.
‘Lo Sport è un linguaggio universale’ Valerio Piccioni.