Intervista a Silvia Mezzanotte
“I Matia Bazar nel Destino e quel confine da superare nelle nuove Generazioni”
In breve
- Una carriera infinita
- Sanremo, la caduta e la rinascita
- Giancarlo Golzi mentore e amico fraterno
- La Bellezza è un mix dell'anima
- “La chirurgia estetica soltanto se necessaria”
- I social network incidono su tutto
- L'incapacità dei giovani di analizzare la musica
- Auto-tune, cantare sembra non essere più necessario
- I talent trampolino di lancio dalle pericolose ricadute
Ci sono delle circostanze in cui il giornalismo diventa qualcosa di diverso. L’accezione del “mestiere di raccontare” si trasforma in un’esperienza totalizzante e l’incontro con Silvia Mezzanotte, icona della musica italiana che quest'anno celebra i 40 anni di carriera, ne rappresenta la “pietra angolare”. Batte forte il cuore dei ricordi quando il racconto della sua straordinaria carriera si snoda sulle nostre pagine come i petali di una rosa, che continuano incessantemente a fiorire.
Sono tanti i passaggi cruciali della sua carriera artistica. Gli inizi indimenticabili nel Sanremo del 1990 - dove da ragazzina si era esibita dopo Ray Charles - poi l’incontro con Giancarlo Golzi nel 1999 “l’amico fraterno di una vita che mi diede la possibilità di rientrare nel gruppo dove con Brivido Caldo partecipammo nel 2000” e poi “Questa nostra storia d’amore” nel 2001 fino alla vittoria con “Messaggio D’Amore”. “La scomparsa di Golzi mi gettò in una crisi profonda dalla quale uscii grazie a Carlo Conti, che mi convinse a partecipare per la terza volta a “Tale e Quale show”, che vinsi. Da quel momento la mia carriera ripartì per non fermarsi più”.
Come nasce la tua carriera musicale?
L'episodio, che mi ha permesso di capire che avrei voluto trasformare il mio talento in una carriera, è stato il Festival di Sanremo del 1990. Conobbi un produttore e mi disse che stavano facendo dei provini. Ho partecipato al provino per il Festival e ho vinto. In quegli anni si svolgeva al Palafiori. Ero una ragazzina abbastanza inesperta, quel Sanremo l'ho vissuto un po’ come “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Ho degli aneddoti meravigliosi. Ricordo che feci le prove subito dopo Ray Charles. Ma quella luce si è spenta l'anno successivo e ho dovuto ricominciare tutto dall'inizio, facendo serate, finché nel 1999 ho conosciuto Giancarlo Gozzi, che mi ha permesso di fare le audizioni per entrare nei Mattia Bazar.
Da quel momento è iniziato il successo?
Sì, già nel febbraio del 1999 ci invitarono al festival di Sanremo. Sapevo che avrei avuto tutti “i fucili piantati contro”. Poi ho partecipato nel 2000 con “Brivido Caldo”, nel 2001 con “Questa nostra storia d’amore” e ci siamo piazzati al terzo posto. Nel 2002 con “Messaggio d’Amore” abbiamo vinto anche se, in realtà, a oggi la canzone che la gente ricorda di più è “Brivido Caldo”. Pur non essendosi piazzata è rimasta nel cuore della gente.
Ritieni ci sia stato un mentore nella tua vita?
Sicuramente nel mondo Mattia Bazar, come detto, Giancarlo Golzi. E’ stato lui che mi ha fortemente voluto all'interno del gruppo ed è stato sempre lui, nel 2010, a venirmi a cercare quando il gruppo aveva terminato la collaborazione con Roberta Fontani, proponendomi di rientrare. Ho con lui un'amicizia fraterna. Non ci siamo persi di vista neanche nel periodo in cui non ero più con i Mattia Bazar. Quando è scomparso nel 2015 ho attraverso il momento più difficile della mia vita. Ho perso l'orizzonte e ho avuto bisogno di tempo per riprendermi. Poi, nel 2016, Carlo Conti mi ha chiesto per la terza volta consecutiva di partecipare a “Tale e Quale show” - un programma che amo, ma del quale avevo molta paura perché non avevo mai fatto imitazioni - ma l'ho vinto e la mia carriera è ripartita. Grazie a Tale e Quale è ricominciato tutto.
Che cos'è per te la Bellezza?
È un mix di elementi che fanno parte degli stati d'animo, se una persona sta bene con se stessa migliorerà anche il suo aspetto esteriore. Certamente, in questo momento, dal punto vista della chirurgia estetica ci sono dei trattamenti che permettono di stare molto meglio grazie a delle tecniche non invasive, che ti permettono di mantenere un certo turgore. Al di là di quello che può fare ognuno di noi sul proprio stile di vita. Noi artisti abbiamo una vita talmente sregolata dove è ancora più importante apparire al meglio. Se non si cura comunque il proprio dialogo interiore la bellezza è fittizia.
Noi assistiamo a un fenomeno dove l'idea di bellezza è sempre più influenzato dai social. Le ragazze giovani vanno dal chirurgo estetico per apparire ciò che non sono. Cosa pensi di questa realtà?
Purtroppo, i social incidono su tutto. A mio avviso c'è una parola chiave per questa generazione che è: superficialità. I social sono il mondo della superficialità e della finzione. Oggi i ragazzi hanno una soglia di attenzione in merito agli input del mondo esterno molto bassa, di circa 4 secondi. Scrollano sul telefonino in brevissimo tempo, questo significa che spesso leggono una notizia e pubblicano senza controllare se sia una fake, senza rendersi conto del danno che si può fare. Credo che sia il sintomo di un grande disagio interiore. L'invito è quello di andare sempre ad approfondire per cercare di capire cosa c'è dietro. C'è un disagio che deve essere compreso. Dietro a una ragazzina che, pur di essere allineata a dei canoni estetici, va dal chirurgo e si stravolge sussistono diversi elementi. Ci vorrebbe una tesi in sociologia per comprenderlo a fondo. I social andrebbero tenuti sotto controllo.
Sei a favore della chirurgia estetica?
Sono a favore della Chirurgia Estetica se risolve un problema che ti assilla, se vuoi rifarti il seno a 50 anni sono d'accordo e sono d'accordo sul lifting sempre. Non lo sono quando diventa una dipendenza, perché si entra dentro un loop psicologico, che non può essere risolto dal chirurgo estetico. Ci vorrebbe più deontologia da parte dei professionisti, che operano nel settore. Ci vuole un certo rigore; devi capire chi hai davanti a te.
C'è un parallelo nella musica?
Certamente. Se prendi i testi di alcuni rapper li troviamo spesso violenti, sessisti; spesso i ragazzini neanche si accorgono. I rapper cantano a pappardella. Quindi ci troviamo di fronte a canzoni che, se si approfondiscono, mostrano questo aspetto davvero preoccupante. Nella mia scuola di canto spesso mi trovo con i ragazzi che rimangono basiti di fronte alla scelta di un testo che hanno fatto. I ragazzi non sono stupidi, i ragazzi vanno accolti e aiutati.
Un artista quali peculiarità dovrebbe avere per essere completo?
Parto dal presupposto che tutti dovrebbero cantare perché il canto è lo strumento con il quale ci si codifica, fermo restando il talento innato. Ci sono ragazzi che sono più dotati ovviamente e altri che, attraverso lo studio, raggiungono livelli eccellenti. In questo momento storico cantare bene sembra non essere più necessario. C'è l’auto-tune, l'evidenza che il saper cantare non è più quello di una volta. Fortunatamente quest'ultima generazione come Annalisa o Angelina Mango - due artiste che sanno cantare - sono un esempio della vecchia scuola, alla quale i ragazzi dovrebbero guardare. Per sapere cantare bisogna andare a lezione e imparare così come si impara uno strumento. Il talento deve avere tecnica e personalità essenzialmente. Molti ritengono oggi che per avere la voce vasta aprire la bocca e cantare, ma non è così.
Che idea ti sei fatta dei talent e dei reality?
Sono diventati l'unico vero trampolino di lancio. Quando ero più giovane mi è stato concesso di fare la gavetta normale. Ho fatto circa 10 anni di duro esercito di vita. Adesso queste cose si fanno nell'arco di una stagione. Hai a disposizione tutti gli insegnanti migliori, ma sei sempre un ragazzo. Quindi sei sempre sotto le telecamere, questo significa che di te si saprà tutto, così devi avere una capacità di giudizio personale e di coscienza per essere superiore a tutto il mondo che ti giudica. E’ difficilissimo!! Se arrivi in fondo hai la strada spianata. I ragazzi hanno un tempo, sono “a molla”. Se entro quel tempo ce la fai bene altrimenti ti bruciano. È un meccanismo che stritola!! Per questo motivo ci son ricadute come quella di Mr Rain e San Giovanni, ad esempio. La tua vita cambia in un nano secondo. Auguro sempre loro di arrivare dopo 40 anni a concedere interviste e rimanere sulla breccia. Io non sono una che sta in classifica, ma mi sono costruita nel tempo. Non è un mondo facile, ci vuole capacità di discernimento e fare scelte precise.
Hai dei progetti futuri?
I miei progetti sono presenti e perdureranno nel tempo. L'ultimo nato è un progetto denominato “Vorrei che fosse amore”: uno spettacolo a teatro, integralmente dedicato a Mina, con undici donne che sono le Muse, dove si racconta una storia d'amore che nasce il 23 Agosto del 1968 alla Bussola di Viareggio durante l'ultimo concerto di Mina. Si sviluppa una storia che arriva ai nostri giorni attraversando tutte le fasi di un amore: ci si lascia, ci si prende, si discute, tutte queste emozioni sono raccontate con la voce di Mina. Al momento abbiamo tutte date nel nord Italia. Contestualmente, però, ho altri progetti tra cui uno spettacolo con Carlo Marrale, nel quale celebriamo i 40 anni di “Vacanze Romane” con tutte le canzoni dei Matia Bazar.