‘Hallelujah’, una cover di Jeff Buckley che brilla di luce propria - Infoestetica Magazine

‘Hallelujah’, una cover di Jeff Buckley che brilla di luce propria

‘Hallelujah’, una cover di Jeff Buckley che brilla di luce propria

IN BREVE:

  • La storia della musica segnata dall’impronta di Jeff Buckley
  • Jeff, una vita troppo breve e una voce unica che canta tra gli angeli
  • La voce di Buckley
  • La Bellezza di ‘Hallelujah’
  • Jeff, cantautore con l’anima e il cuore
  • Le parole di Jeff Buckley su ‘Hallelujah’
  • Le dichiarazioni del padre di ‘Hallelujah’, Leonard Cohen
  • L’incontro tra Buckley e Cohen, una connessione segnata dal destino
  • Conclusioni

 

L’estro creativo e geniale di Jeff Buckley ha contraddistinto la storia della musica tanto da rendere, lo stesso cantautore e chitarrista statunitense, immortale.

Figlio d’arte, Jeff ebbe vita breve (proprio come suo padre); una tragica fine di una vita segnata dal disegno di un fato beffardo che ha voluto donare l’angelica voce dai tratti rockeggianti all’etereo coro celeste ultraterreno. Un pezzo di rock che permane ancora oggi, mentre echeggia il suo talento tra le note canore che mai potranno eguagliarlo. Una voce che è difficile classificare, la quale era in grado di eseguire il falsetto senza il minimo sforzo, sebbene la sua particolarità fosse quella di essere un tenore con quattro ottave di estensione. Forse, è propria la sua voce, la stessa di cui tutti ci siamo innamorati, ad accentuare la Bellezza di una canzone ormai divenuta senza tempo.

La potenza delle corde vocali di Jeff, quel tocco di ritmo rockeggiante immacolato tra le corde della sua chitarra e il testo evocativo, rendono unica e inimitabile questa pietra miliare della musica d’oltreoceano che ha segnato la storia ed è riuscita a incastonarsi nei cuori di tutti, suscitando emotività che solo chi è in grado di cantare e suonare con l’anima riesce a donare.

Le parole di Jeff Buckley su ‘Hallelujah’

Correva l’anno 1994 quando Jeff Buckley decise di interpretare ‘Hallelujah’ di Leonard Cohen. Una interpretazione del tutto personale che fa seguito alla versione più energica e sofferta di John Cale nel 1991. Da qui, la scoperta di Jeff che arriva nel 1992 attraverso l’ascolto del brano interpretato proprio da Cale. E mentre il giovanissimo Buckley si alternava a fare il cat-sitter di giorno e i concerti di sera, un giorno decise di fare sua la famigerata canzone dandole una luce nuova e una forma eterea impenetrabile, nonostante la chiave di lettura sia ben diversa rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare dalle dolci note e melodie che echeggiano dalla versione di Buckley. A tal proposito, il noto cantautore statunitense riferì quanto segue:

 

Chi ascolta attentamente Hallelujah - chiarisce Buckley - scoprirà che è una canzone sul sesso, sull’amore, sulla vita sulla terra. L’alleluia non è un omaggio a una persona adorata, idolo o dio, ma l’alleluia dell’orgasmo. È un’ode alla vita e all’amore’.

Leonard Cohen, le parole del padre di ‘Hallelujah’

Il padre di Hallelujah, Leonard Cohen, ha (anche lui) espresso il significato che si cela dietro questa canzone così apparentemente struggente e intrisa di un profondo simbolismo che cela, in realtà, una serie di sfaccettature che occorre tenere presente.

 

“Alleluia” - ha asserito il padre di Hallelujah, Leonard Cohen - è una parola ebraica che significa “Gloria al Signore”. Questo mondo è pieno di conflitti e di cose che non possono essere conciliate, ma ci sono momenti in cui noi possiamo riconciliarci e abbracciare l’intero casino… ed è questo che intendo con Hallelujah, cioè che esistono molti tipi di “alleluia”. È un desiderio di affermare la mia fede nella vita, non in un modo religioso formale ma con entusiasmo, con emozione. Volevo indicare che “alleluia” può venire fuori da cose che non hanno nulla a che fare con la religione

Jeff e Leonard: una connessione segnata dal destino

Seppur lo spazio temporale tra i due sia alquanto rilevante, Jeff Bucley e Leonard Cohen furono destinati a incontrarsi. Parliamo di un incontro musicale avvenuto proprio grazie alla cover del brano di Cohen fatta da Jeff. Un segno del destino sancito nel momento in cui Jeff venne alla luce, attraverso l’insegnamento del padre, Tim Buckley, che ammirava i testi di Cohen. Testi poetici, filosofici e malinconici che permettono di esplorare tematiche forti come l’isolamento, la depressione, la sessualità e, al contempo, mettono in risalto persino dei turbamenti religiosi ed esistenziali che, per l’appunto, ripiegano sull’individuo.

Cohen, un artista complesso e affascinante amato da Tim Buckley, padre di Jeff, il cui legame tra due artisti, con molta probabilità, è stato sancito proprio da questo fattore cruciale che ci ha permesso di avere in dono una versione unica e inimitabile di ‘Hallelujah’. L’espressività di Buckley sovrasta ogni cover e ogni reinterpretazione di un brano già di suo intoccabile, ma che, con il tocco del giovane cantautore, è riuscito a creare un legame speciale con il suo pubblico, quasi come se tutti all’unisono si genuflettessero dinanzi all’immensità di questo pezzo in una compresenza mistica che, in modo del tutto equilibrato e rispettoso, si compone di fragilità e forza.

 

Hallelujah’ è la metamorfosi musicale che concilia la maestosità di Cohen con l’estro artistico di Buckley e che ci permette di ottenere due personalità musicali imperiture.