Figli – recensione film 2020
L’ultima sceneggiatura di Mattia Torre dritta al cuore dei genitori italiani
Ricordate il monologo di Valerio Mastandrea al programma tv EPCC (E poi c’è Cattelan)? In molti lo hanno condiviso sui social perché oltre all’indubbio talento dell’attore romano, genitori e non all’ascolto hanno potuto apprezzare la scrittura attuale e graffiante di Mattia Torre, autore del testo. Oggi, a più di un anno da quell’esibizione e a 6 mesi dalla morte dello sceneggiatore, l’ultima scrittura di Torre arriva nelle sale cinematografiche il 23 gennaio con la regia di Giuseppe Bonito ed interpretato da Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea.
Figli – la trama
La storia racconta le difficoltà nell’Italia di oggi di sopravvivere come coppia all’arrivo del secondo figlio. Quelle coppie che credono ancora nella rinascita del Paese nonostante lo Stato sia del tutto assente nelle formule di aiuto alla famiglia, anzi si presenti solo quando ci sono da riscuotere le cartelle esattoriali. È così che l’incomprensione tra i due cresce e la coppia, che vantava la divisione dei compiti domestici al 50%, incontra nuove formule di incomunicabilità, un rinnovato divario generazionale con i genitori e l’indifferenza delle figure professionali preposte al sostegno.
Il film è suddiviso in capitoli monografici in cui si narra l’eroismo nella tragedia quotidiana dell’essere genitore nel Paese a natalità Zero. Con la consueta ironia e surrealtà della scrittura di Torre, la società viene sezionata in una serie di circostanze drammaticamente riconoscibili da ognuno. Capita che i neogenitori si lascino andare all’atto di fuga estremo gettandosi in volo dalla finestra, e i volti dei due protagonisti incarnano le maschere quotidiane che ogni genitore italiano è certo di aver indossato almeno una volta in situazioni analoghe.
Ma come sempre accade nella scrittura di Mattia Torre, il sentimento principe non è mai la sopraffazione ma l’ironia, la tenerezza, l’amore, l’unicità nell’essere coinvolti in circostanze così comuni. Il bello dell’essere genitori negli anni Duemila resta e, forse, l’unico sentimento davvero negativo è la consapevolezza che purtroppo Torre non potrà più raccontare il nostro tempo come ha fatto fino ad ora.
di Teresa Peccerillo