Psicologia
Una vera e propria emergenza sociale. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito più volte la violenza di genere, una violazione dei diritti umani tra le più diffuse e persistenti secondo quanto dichiarato dall’Onu. Stando agli ultimi dati Istat, solo nel 2016 in Italia sono state 120 le donne strangolate, accoltellate, bruciate. Un dato che rimane allarmante nonostante sia stato registrato un leggero calo rispetto al 2014, che ha contato 152 casi, e il 2015 quando il numero è sceso a 127. Per quanto riguarda il 2018, secondo quanto diffuso dalla polizia nell’ultimo rapporto Questo non è amore, nei primi nove mesi dell’anno si è registrata una diminuzione dei “reati spia” che possono precedere i femminicidi, come maltrattamenti in famiglia, stalking, percosse, violenze sessuali. Anche il numero delle donne uccise è calato: dai 97 omicidi dello stesso periodo del 2017 si è passati ai 94 dello scorso anno. Di questi, 32 sono avvenuti proprio in ragione del genere. Sempre stando ai numeri, il dramma si consuma nella maggior parte dei casi all’interno delle mura domestiche per mano di fidanzati, mariti, ex compagni. Uomini che in pochi attimi spezzano una vita per un litigio, per gelosia o ancora più frequentemente per senso di possessione. I casi di cronaca, che riempiono ogni giorno pagine intere di giornali, dimostrano che viviamo ancora in una Italia misogina dove, nonostante i diritti conquistati nei secoli, le donne continuino a scontrarsi con quel senso di superiorità e sopraffazione maschile che non si è mai spento.
Ne abbiamo parlato con la psicoterapeuta, esperta nei rapporti di coppia, Paola Pompei.
Dottoressa, come si diventa carnefice e vittima? Perché un uomo sfoga la sua aggressività nei confronti della donna che dice di amare e questa accetta di subire violenza senza batter ciglio?
«Non si può certo dire che la violenza domestica riguardi solo le famiglie disagiate. È un fenomeno ormai dilagante che non risparmia nessun ceto sociale e nessuna area geografica. In più c’è una storia millenaria che vuole la donna soggiogata nei suoi diritti alla figura maschile. Basti pensare che le donne hanno votato per la prima volta nel 1946 e che solo nell’81 sono state abrogate le disposizioni sul delitto d’onore. Questo ci fa ben capire che la violenza di genere era non solo tollerata ma in certi casi addirittura permessa dal punto di vista giuridico e legislativo. È chiaro che se faccio passare come normale il fatto di uccidere mia moglie se la trovo in flagranza con un altro uomo, figuriamoci cose minori come uno schiaffo se non ha un comportamento congruo. Un tempo i ruoli erano ben definiti, per cui un uomo ed una donna che si sposavano avevano un destino segnato. Intanto non esisteva la coppia, invenzione del dopoguerra, ma vigeva la famiglia cosiddetta patriarcale dove a prendere tutte le decisioni era il marito. Era lui che lavorava e portava i soldi a casa. Le donne si occupavano solo dei figli, degli anziani e della casa. Non c’era la possibilità del divorzio o di interrompere una gravidanza. Neanche la sessualità era libera perché il piacere femminile non era minimamente contemplato e i momenti di intimità con la propria moglie, rigorosamente vergine fino all’altare, servivano all’uomo per mostrare tutta la sua virilità e il suo potere. Anche fuori dal nucleo familiare quest’ultimo aveva un ruolo sociale molto più importante e godeva di una serie di privilegi che sono stati tali per generazioni intere. Improvvisamente poi la scontentezza delle donne ha fatto sì che queste cominciassero a rivendicare con forza i loro diritti un po’ ovunque. È venuta fuori la possibilità di interrompere il matrimonio, di abortire. Le donne hanno iniziato a lavorare, un po’ per il bisogno di sentirsi realizzate, ma soprattutto per una effettiva esigenza di denaro. Con il boom economico del secondo dopoguerra in pochissimo tempo è cambiato il modo di concepire la famiglia: è nata infatti la coppia e la necessità di spartirsi le spese come le rate della casa, della macchina, del televisore etc…Il problema è che mentre una legge si può modificare, cancellare in 24 ore, un cambiamento di mentalità ha bisogno di molto più tempo per essere assorbito ed accettato. Nell’arco di queste ultime tre generazioni si è venuto a verificare che le donne lavorano, possono divorziare, essere single, lesbiche, avere figli per conto proprio, hanno ruoli sociali di potere ed anche dal punto di vista sessuale hanno rivendicato il loro diritto al piacere. È chiaro quindi che in poco tempo l’uomo ha perso tutti i suoi privilegi: quello economico, quello politico e persino quello all’interno della famiglia. Secondo me l’uomo vive oggi la crisi più profonda della sua storia perché, nel contempo a tutti questi cambiamenti, non c’è stata una valorizzazione del padre che si occupa dei figli e della casa. È definito mammo, quindi il suo ruolo viene femminilizzato proprio perché non gli sono mai stati accostati determinati compiti. Quando ad un genere (maschile) tu togli improvvisamente tutto quello che è stato importante per milioni di anni senza educare a questo cambiamento, è chiaro che si creano delle crepe profonde. L’uomo che usa violenza e che uccide rivendica in qualche modo il suo possesso, la sua prevaricazione nei confronti della donna, esattamente come avveniva una volta».
Come fa una donna a riconoscere quando un uomo è violento? Ci sono dei segnali rivelatori?
«Purtroppo la donna difficilmente riconosce un uomo aggressivo durante la frequentazione, quindi ancora prima di starci insieme e magari di sposarlo. Poi stando in coppia tende a giustificarlo e a dare per scontato che le cose cambieranno. Partiamo col dire che se un uomo è violento rimane tale. Ecco allora che osservare con oggettività e freddezza i comportamenti di quello che poi potrebbe diventare il nostro partner diventa fondamentale, perché i segnali della prevaricazione sono chiari e si possono individuare subito. I narcisisti, i manipolatori sono persone che hanno un atteggiamento estremamente ambivalente nei confronti delle donne: un giorno sono tranquilli, ti lasciano i tuoi spazi e ti fanno mille complimenti, un altro ti prevaricano, ti offendono e ti squalificano. Il maschio e la sua furia insorgono quando la donna prova a volare da sola, ha delle soddisfazioni personali o professionali e delle persone che la apprezzano. È in questi momenti che l’uomo, invece di dedicarsi a se stesso per migliorarsi, cerca di screditare la donna in modo che non lo superi mai né di prestigio né di immagine. La violenza di solito inizialmente è verbale e psicologica. Comincia con l’utilizzo di parole offensive e con sguardi dispregiativi su come la propria compagna si veste, si trucca, su come è fatto il suo corpo, compensati poi da frasi d’amore. Ecco, quando i messaggi sono ambivalenti, bisogna preoccuparsi perché vuol dire che è ambivalente anche l’atteggiamento di quell’uomo. Pian piano si assiste ad una escalation, per cui dalle parole e dagli sguardi squalificanti si passa ai divieti e alla pretesa di essere una presenza costante. La donna viene uccisa nella sua essenza, nel suo modo di essere prima ancora che fisicamente».
Il fatto di volerla controllare non può essere visto come una premura, una forma d’amore e di protezione?
«Assolutamente no! Anzi mi lasci dire che la nostra società è poco educata al vero concetto di amore. L’amore non c’entra nulla con nessun tipo di prevaricazione, controllo e violenza. Non esistono gli amori criminali, gli amori malati. La maggior parte delle persone non sa che cos’è questo sentimento, anche se si sposa, fa dei figli e vive tutta la vita con lo stesso partner. In molti casi si tratta di dipendenza sentimentale, un aspetto di cui non si parla mai, che definisce una forma di rapporto tra due persone assolutamente antitetica all’amore».
Che cos’è allora l’amore?
«L’amore desidera il bene dell’altro, la sua felicità e la sua realizzazione. Quando una relazione finisce, chi ama veramente continua a provare il suo sentimento, non uccide l’altro perché è stato lasciato. L’amore sostanzialmente significa dare, non prendere e questo bisognerebbe insegnarlo ai più piccoli affinché crescano sapendo cosa significa veramente la parola amore. Nel film Mangia, prega, ama c’è una frase che mi ha colpito moltissimo e che recita così: “Equilibrio è non permettere a nessuno di amarti meno di quanto tu ami te stesso”. È lo stesso messaggio che diede Gesù Cristo quando disse “ama il prossimo tuo come te stesso”. Questa è la vera essenza dell’amore. Ovviamente bisogna prima imparare ad amare se stessi tantissimo per amare poi un’altra persona allo stesso modo».
Come si fa quindi a capire se l’uomo che si sta frequentando va bene per noi?
«Il partner giusto è quello che ti fa stare bene. Il problema è che molto spesso le donne non sono attratte da questo tipo di uomo che reputano noioso, perché hanno un’idea dell’amore come tormento, fatto di continue fughe e inseguimenti. Questo è tipico della letteratura, del cinema ma la realtà è un’altra cosa. L’amore della vita è come un fiume che rallenta il suo corso, che non è sempre in piena. Ed è proprio questa calma che ci deve far capire che la relazione non è noiosa ma è quella giusta. Non voglio dire che il rapporto non abbia bisogno di stimoli sempre nuovi, di mettersi alla prova, anzi. Però io mi devo sentire a casa con l’uomo che ho accanto, perché mi accetta per come sono senza limitarmi in nessun modo. Un grosso problema, tutto italiano, è che le persone non sono abituate a stare da sole e passano dalla casa dei genitori a quella coniugale. È sbagliato. Prima bisogna coltivare se stessi, crescere, imparare ad essere autonomi, avere i propri amici, i propri interessi e soltanto dopo si può stare con un’altra persona. Se penso di trovare nel partner divertimento, amicizia, soluzione dei problemi chiedo troppo e non andrà mai bene. La persona che scelgo deve essere la ciliegina sulla torta ma la torta devo essere io! L’amore è desiderio, non bisogno».