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C'era una Volta … a Hollywood – la Recensione

Metti una sera al cinema, una di quelle sere in cui lasci la bambina con la suocera e vai a vedere l’ultimo film di Quentin Tarantino. Una sera in cui pensi che forse quel regista, che piaceva a tutti i tuoi amici dell’università amanti del postmoderno, potrebbe davvero smettere di fare cinema e questo essere il suo ultimo film. Allora vai e ti siedi nella fila centrale, aspetti di vedere Leonardo Di Caprio e Brad Pitt, ti perdi nelle due ore e quaranta di dialoghi e, alla fine, esci pensando “wow, questo sì che è cinema!”…

C’Era Una Volta…a Hollywood è una storia, anzi, è più storie che si incontrano o soltanto si sfiorano. Rick, attore di western e polizieschi in declino, Cliff è il suo stuntman, Sharon (Tate) la giovane attrice vicina di casa e moglie del regista più in voga (Polanski), e infine una comunità di hippy che si aggira per la città e vive in un set dismesso.

Sempre il solito Tarantino?

Mentre guardi i primi fotogrammi pensi a quanto piaccia ai registi parlare di film, creare un film dentro al film, ragionare per immagini sulla storia del cinema e attingere alle lezioni di altri registi. Questo è metacinema! E Tarantino cita gli spaghetti western, ricorda con affetto i registi italiani che si davano nomi d’arte americani, scherza sulle arti marziali di Bruce Lee e tratteggia un ambiente popolato da personaggi ingenui.
L’ultimo film di Tarantino è fatto di situazioni divertenti, dialoghi infiniti e la sensazione che ogni tassello del mosaico si stia preparando alla deflagrazione sono gli ingredienti del tutto. Poi c’è la cronaca. C’è un certo Charlie che esercita un gran fascino sugli hippy ed altri non è che Charles Manson, e passi tutto il film ad aspettare il momento peggiore, quello della strage che lo ha reso tristemente celebre.
Poi ricordi che a Tarantino piace giocare con la storia, che in Bastardi Senza Gloria aveva sconfitto il nazismo e speri che a Hollywood non arrivi mai la notizia dello sterminio ad opera di Manson. Ma i momenti di suspence sono tanti, e conosci Tarantino a tal punto da continuare ad aspettare il climax violento di sempre.

Charles, Sharon e gli altri

Sharon Tate ha il volto bellissimo di Margot Robbie e se ne va in giro con la sua aura di candore e purezza, entra in un cinema per vedere se stessa sullo schermo, balla da sola e sorride sempre. Più che un personaggio vero e proprio, è un fantasma, un’immagine angelica e sognante. Se lei è spesso in scena, il suo “antagonista”, Charles Manson, si vede appena. Di lui si evoca spesso il nome come una presenza diabolica che agisce in segreto ma quasi non ha volto.
Rick Dalton è l’attore una volta celebre e ormai accantonato dallo star system, nei suoi panni un Leonardo Di Caprio leggero e ironico, perfetto nel meditare sul trasformismo obbligato del cinema, sul passaggio dei tempi e delle mode. Accanto a lui Brad Pitt/Cliff Booth, lo stunt-man e amico di sempre a cui una ragazza hippy rivela che gli stunt-man sono meglio degli attori perché non sono falsi. Ed ecco un altro tema importante: realtà V/S finzione. In C’Era una volta…a Hollywood si mescolano indistintamente e danzano insieme. La realtà è affidata alle immagini delle pellicole d’epoca, mentre la finzione intacca la cronaca del tempo.

Con questo film Quentin Tarantino potrebbe davvero congedarsi dal mondo del cinema, salutare tutti con una dichiarazione d’artista compiuta. Sì perché questo bizzarro regista ha messo nel suo film tutte le passioni a cui negli anni ci ha abituati, le ha alleggerite da ogni possibile eccesso ed ha affidato ad un abbraccio tra Sharon e Rick il suo messaggio che sembra dire: “questa è Hollywood, gente, i vostri sogni passano sempre da qui”.
E sui saluti finali si sente l’amaro in bocca, il pensiero che i sogni nella realtà non trovano abbastanza posto e che di fronte a certi eventi tragici solo il cinema può avere l’ultima parola.


di Teresa Peccerillo